Un manuale di buon senso e pertanto, di questi tempi, molto pericoloso. Si intitola “PolitikApp, manuale essenziale di buona politica” (edizioni Leima, 119 pagine, 10 euro) e l’autore è Massimo Maniscalco, imprenditore al vertice dell’azienda palermitana Sivibus, presidente della sezione Ucid del capoluogo, già vicepresidente e consigliere delegato dell’Isida. Maniscalco, che ha al suo attivo un’ampia pubblicistica (più di 50 articoli pubblicati su varie testate) e quattro libri, da anni ha avviato una profonda riflessione sul nostro paese, sul Mezzogiorno, sulla Sicilia.
Partiamo dal titolo: perché PoliticApp?
L’idea è quella di dare istruzioni per manovrare la politica. Il libro contiene alcune indicazioni su cosa si può e si deve fare nella condizione drammatica in cui noi ci troviamo: aumenta la povertà, cresce la disoccupazione. Una catastrofe.
E la politica, lei pensa, è disposta ad ascoltare e a farsi manovrare?
Finora ha dimostrato di no. Ma non possiamo essere pessimisti. Dobbiamo sperare che anche l’aggravarsi della situazione faccia da stimolo per far fare le cose.
Da che cosa partiamo?
Dai valori: la pace, la libertà, la giustizia, la famiglia, il lavoro che ti consente di essere libero, la democrazia che è l’esercizio della sovranità. Bisogna dire chiaramente di no alle deleghe in bianco.
Non c’è il rischio di troppa retorica e pochi fatti?
Assolutamente no. L’obiettivo è quello di creare una classe dirigente migliore. Tutto dipende dalla eticità e dunque dai valori. Va costruita una filiera virtuosa fatta di educazione, istruzione, formazione, specializzazione per creare una classe dirigente in grado di affrontare i problemi. Una classe dirigente che rispetti un principio che possiamo ritrovare nelle parole di Romano Prodi: solo dopo aver fatto bene si acquisisce il diritto a essere riconfermati.
Un principio violato quotidianamente. Sono scettico sulla disponibilità di questa classe dirigente ad accogliere i suoi suggerimenti.
Serve qualcosa ora e subito. Non possiamo aspettare che siano i bambini di oggi a farsi carico dei problemi.
Per fare le cose servono risorse. Che non ci sono.
Ci sono eccome se ci sono. Basta intervenire su sprechi e corruzione. La corruzione vale 160 miliardi, il sommerso 40 miliardi. Basterebbe recuperare gran parte di queste somme per fare cose concrete: serve buona volontà.
Per fare cosa? Quali sono le priorità?
Io ho individuato alcuni grandi temi. Il primo: le infrastrutture. Vanno realizzate in project financing e con i concorsi di idee. Secondo: manutenzione degli immobili e del territorio. Ma in tutti i contesti è necessario spingere le persone a lavorare per risultati e non per adempimenti. Se continuiamo a tutelare il lavoro per adempimenti, con una logica sindacale di altri tempi, non andiamo da nessuna parte. Ma in tutto questo vi deve essere un elemento di misurazione con parametri precisi: abbattere la povertà, far diminuire la disoccupazione e migliorare la qualità della vita.
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