C’è incertezza sul futuro dei lavori portati avanti dalla Tecnis, coinvolta in un maxi sequestro a Catania da 1,5 miliardi di azioni (insieme ad altre due società) per “infiltrazioni mafiose”. La lente è puntata soprattutto sul cantiere dell’anello ferroviario di Palermo. Rfi è pronta a chiedere i danni alla Tecnis per “eventuali inadempienze contrattuali”. La decisione è stata comunicata dal’amministrazione comunale di Palermo, che si è detta “fortemente preoccupata” per la prosecuzione dei lavori.
L’amministrazione comunale, “nel prendere atto della riapertura del cantiere dell’anello ferroviario”, “conferma ancora oggi quella forte preoccupazione per la esecuzione delle opere” che nei giorni scorsi aveva suggerito di richiedere formalmente ad Rfi, stazione appaltante, di attivare la direzione dei lavori per la predisposizione della relazione prevista dalla normativa vigente, al fine di valutare eventuali inadempimenti contrattuali della impresa esecutrice delle opere.
Rfi ha comunicato di avere attivato le procedure richieste dal Comune. Dunque, l’azienda è pronta a chiedere i danni alla Tecnis, qualora ci fossero gli estremi. “L’amministrazione comunale – affermano il sindaco Leoluca Orlando e l’assessore alla Riqualificazione Urbana e alle Infrastrutture Emilio Arcuri – nell’esprimere apprezzamento per la sensibilità di Rfi, auspica che, dalla conclusione delle procedure avviate, possano arrivare certezze definitive sulla modalità di esecuzione delle opere e sulla loro conclusione nei tempi previsti dal contratto di appalto a tutela della città ed in particolare dei residenti e commercianti di via Amari, Lazio, Politeama”.
Tecnis spa – che appartiene al gruppo Artemis Bosco Lo Giudice – è stata costituita 26 anni fa. Per la precisione a Tremestieri Etneo (Catania) il 30 ottobre 1990, originariamente Cogen srl), con un capitale sociale che è di 32 milioni, interamente sottoscritto e versato.
A fine 2014 il portafoglio ordini era di oltre 2,9 miliardi, di cui 1,5 di lavori ancora da eseguire: il 60% in strade e autostrade (912 milioni), il 12% ferrovie e metropolitane (188 milioni), il 14% edilizia sanitaria (207 milioni), il 4% interporti (63 milioni), un altro 4% infrastrutture marittime (59 milioni), un ulteriore 4% nel recupero funzionale e nel consolidamento delle banchine (65 milioni) e l’1% in infrastrutture idrauliche (18 milioni).
Il risultato più rilevante, quell’anno, fu il completamento dei lavori al molo di Calata Bettolo (Porto di Genova), avviati nel 2009 e di quelli della darsena di Catania. Lo spettro dei lavori del gruppo – per il 50% in Sicilia – spazia sempre più fuori dai confini regionali: dalla Liguria all’Umbria, dalla Sardegna alla Calabria, dove Tecnis è all’opera per i due nuovi ospedali di Gioia Tauro e Sibari (valore complessivo oltre 200 milioni). L’ultima lettera agli azionisti, certifica che al 48,04% della fetta regionale siciliana, si aggiunge quella umbra (3,49%), quella abruzzese (1,78%), quella calabrese ( 5,64%), quella campana (12,24%), quella laziale (8,72%), quella ligure (13,66%) e quella tunisina (6,42%). Già, perché il gruppo Tecnis è attivissimo anche all’estero, con una sede legale negli Emirati Arabi e due uffici a Bucarest e a Tunisi.
Tecnis partecipa a 33 società e società consortili (tutte controllate), che complessivamente raggiungono un valore di 240 milioni. Sono 19, invece, le società consortili collegate, per un valore azionario di 18 milioni.
Nell’ultimo bilancio – depositato il 17 settembre 2015 – si legge che il fatturato a fine 2014 era di 335,4 milioni e, per dare un’idea della crescita del gruppo, basti pensare che due anni prima era di 205 milioni. In crescita anche l’utile: a fine 2014 era di 2,2 milioni, contro i 406 mila euro di fine 2012. Al netto delle imposte sul reddito.
Di fronte ad una crescita di questo tipo, l’occupazione è andata di pari passo. Se l’organico a fine 2012 contava su 163 persone, al termine del 2014 era salito a 305, di cui 178 operai.