Ne abbiamo parlato tante e volte e siamo costretti a farlo ancora. La gestione del servizio integrato per la raccolta dei rifiuti per ambiti territoriali in Sicilia è nata male e rischia di finire peggio. Una delle concause che contribuisce non poco ad inceppare il sistema è l’assenza di controlli sia interni che esterni.
Sul versante dei controlli esterni è singolare assistere alla disarmante (non) azione della Regione che, nonostante i reiterati commissariamenti all’insegna di un’infinita stagione emergenziale, non solo non riesce a centrare gli obiettivi di volta in volta assegnati nelle ordinanze emergenziali, ma non riesce nemmeno a sostituirsi alle consolidate inadempienze dei Sindaci. Nessun bilancio approvato dal quale si possa avere certezza dei debiti, nessuna programmazione industriale capace di produrre economie di scala, nessun piano di rientro, incapacità operativa perl consentire il passaggio dalla liquidanda società d’ambito alla nuova società di regolamentazione rifiuti (SRR), nessuna azione di contenimento del costo delle risorse umane, assenza di un serio programma di raccolta differenziata. In sostanza, incapacità dimostrata e conclamata nella gestione diretta di un servizio a rilevanza economica che, alla luce dei fatti, non può non essere restituito al mercato concorrenziale.
Sul versante dei controlli interni si registra il picco maggiore, atteso che i Sindaci, al netto delle sporadiche partecipazioni alle adunanze assembleari, continuano a non esercitare i poteri che le normative assegnato loro nella qualità di soci. L’impegno dei Sindaci soci deve essere necessariamente accompagnato da approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell’attività gestionale, con specifico riguardo a parametri suggeriti più volte dalla Corte di Conti: a) la missione istituzionale dell’ente; b) l’effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito al relativo rapporto costi/benefici; c) l’appropriatezza del modulo gestionale; d) la comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/costi/risultati offerti da possibili moduli alternativi; e) la capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un’ottica di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale.
In tale contesto, non si può prescindere da un costante e attento monitoraggio in ordine all’effettiva permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato (ancorchè obbligatoriamente) la scelta partecipativa nonché da tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel corso della vita dell’organismo, negli elementi originariamente valutati. Un monitoraggio di questo tipo sulla gestione esternalizzata presuppone un diligente esercizio dei compiti di vigilanza, d’indirizzo e di controllo per l’intera durata della partecipazione, e non soltanto a posteriori, come si verifica con l’esame dei bilanci a fine esercizio, peraltro, come già detto non ancora approvati.
Da questo punto di vista, la Corte dei Conti ha svolto negli ultimi anni un efficace ruolo di sentinella che ha intuito anzitempo l’importanza del corretto esercizio delle prerogative legate alla qualità del socio pubblico, anticipando gli obblighi di controllo imposti dal legislatore sulle partecipate che ha appunto rafforzato il sistema dei controlli interni ed esterni alla PA, con l’obiettivo di ridurre i costi della politica regionale e di consolidare i conti pubblici garantendo il pareggio di bilancio.
È chiaro che un siffatto genere di controllo non può essere esercitato dai soli Sindaci senza l’ausilio di strutture comunali interne appositamente individuate ed altamente qualificate, preposte alla gestione dei rapporti con le partecipate.