La Sicilia rischia di dover restituire a Bruxelles poco meno di 600 milioni frutto di due diversi procedimenti sanzionatori dell’Unione europea. La Regione dovrebbe restituire quasi tutto ciò che ha speso per creare quello che oggi è Sicilia e-Servizi perché il finanziamento ai privati (Venture) è finito sotto la lente di ingrandimento di Anticorruzione e Ue. Sono 200 milioni di euro. A questa cifra si sommano i 376 milioni di euro che con un altro procedimento l’Europa sta provando a recuperare. Si tratta di soldi frutto della programmazione 2000-2006 che la Regione ha destinato ai corsi di formazione professionale. E secondo l’Ue in questa spesa si sarebbero verificati errori che valgono, appunto, 376 milioni. La Regione sta provando a contestare la decisione. Se Bruxelles recuperasse la somma si aprirebbe un buco nella casse regionali perché si tratta di soldi già spesi con cui sono stati finanziati privati su cui difficilmente a sua volta Palazzo d’Orleans riuscirebbe a rifarsi.
Per Antonio Ingroia, “il presunto mancato riconoscimento di 376 milioni di euro del fondo sociale europeo da parte della Commissione europea alla Sicilia è figlio di gestioni sciagurate della cosa pubblica, quando i governi regionali, forti dell’impunità di cui per decenni hanno goduto, sperperavano denaro pubblico e si nascondevano al rispetto delle regole, nella certezza che mai avrebbero pagato per i reati commessi e le omissioni, nello specifico le mancate rendicondazioni dei costi e la mancanza di avviso pubblico di alcuni bandi”. Lo ha detto l’amministratore unico di Sicilia E-Servizi Antonio Ingroia. “Ma non possono essere i siciliani, ancora una volta, a pagare il prezzo del malgoverno e degli sprechi. Una soluzione va studiata e applicata. Non è possibile che una Regione sull’orlo del dissesto finanziario per colpe gravissime della politica possa ora far pagare ancora una volta i cittadini. A pagare devono essere i responsabili di questo disastro e non la collettività. A pagare deve essere chi si è arricchito indebitamente con quei soldi. Perciò la Commissione Europea metta giù le mani dalla Sicilia e aiuti la magistratura a trovare i veri colpevoli, affinchè possano pagare per il disastro compiuto non a favore, ma a danno dei cittadini della mia regione che di questi soldi non hanno beneficiato. L’Europa è nata nel principio dell’unione tra popoli. Non possono essere quegli stessi popoli a pagare il prezzo dei colpevoli errori di pochi delinquenti”.
L’ex pm, oggi alla guida di Sicilia e Servizi, ne ha parlato con Raffaele Cantone, il presidente dell’Agenzia nazionale anticorruzione. Sul tavolo c’erano i dubbi dell’Agenzia sugli affidamenti che nel 2005, sotto il governo Cuffaro, furono fatti ai privati all’epoca soci della partecipata che gestisce l’informatica della Regione: «Da un bando che prevedeva uno stanziamento di 50 milioni – ha ricordato Ingroia nell’incontro con Cantone – si è passati ad affidamenti diretti per oltre 200 milioni. Soldi che anche l’Olaf, il nucleo antifrode di Bruxelles, contesta e che ora la Regione potrebbe essere chiamata a restituire».
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