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Messina, sui corsi d'acqua si è costruito di tutto. Territorio sempre più a rischio

Nel territorio siciliano si riscontrano diffuse anomalie idrauliche soprattutto nell’ambito del reticolo idrografico minore e in corrispondenza degli agglomerati urbani, specie in quelli costieri, laddove spesso vengono disattesi i più elementari criteri volti al rispetto del deflusso naturale delle acque superficiali”. La più elevata criticità per numero di “nodi”, per contesto geologico-orografico, per caratteristiche climatiche e per assetto urbanistico è stata riscontrata a Messina. A fine novembre, il Dipartimento di Protezione civile regionale, ha presentato un rapporto sulle situazioni di potenziale rischio idraulico nelle nove provincie. Nel documento viene presentato un censimento delle interferenze tra rete idrografica e utilizzo del territorio (nodi) e la città dello Stretto è indicata come quella dove più che in altre parti si è operato e costruito senza tenere conto dei naturali percorsi d’acqua. La portata di un tale primato forse non si è ancora del tutto compresa, visto che dopo quattro mesi, quel rapporto rimane un mero esercizio statistico. Il Drpc sta svolgendo, con i fondi del Programma Po Fesr Sicilia 2007-2013, una serie di ricognizioni dello stato del dissesto idrogeologico per poter fornire agli Enti Locali quegli elementi utili a predisporre i piani di protezione civile, ma le difficoltà per il comune di Messina e per l’apposito ufficio sono enormi di fronte a situazioni che appaiono ormai cristallizzate. E così ci sono interferenze tra corsi d’acqua e viabilità con ostruzioni degli attraversamenti a causa di vegetazione infestante, sedimenti e detriti. Tali situazioni rivestono maggiore rilevanza, in termini di rischio potenziale in caso di piena, per i corsi d’acqua non incassati, il cui alveo si trovi a quota prossima a quella della strada. Si trovano trasformazioni, anche radicali, delle geometrie dei corsi d’acqua (restringimenti, deviazioni, tombinature) o assenza di continuità idraulica monte-valle (torrenti che sboccano su strade o si perdono nelle campagne). Ci sono poi strade che si sviluppano lungo i corsi d’acqua e che servono come accesso a fondi, nuclei abitati o impianti produttivi. In tali casi, sono frequentissimi i passaggi a guado con o senza passerella. Non meno rilevanti le interferenze tra corsi d’acqua ed edifici con la riduzione delle sezioni utili di deflusso in corrispondenza di contesti abitati; gli sbarramenti dei tracciati dei corsi d’acqua a seguito di realizzazione di fabbricati; le obliterazione degli assi drenanti naturali per la realizzazione di centri abitati, edifici o impianti con varie destinazioni o ancora torrenti trasformati in strade in ambito urbano e/o extraurbano. Di questi nodi in provincia di Messina ce ne sono ben 3332, il 26% di quelli dell’intera isola. Di questi il 94,5% sono a potenziale rischio idraulico, pari al 27% sul totale rilevato nelle nove province mentre Palermo ad esempio è al 19%, Agrigento 11% e Catania ed Enna al 10%. Ad avere il maggior numero di intersezioni tra corsi d’acqua e fabbricati o viabilità è proprio Messina con 637 interferenze. Il tessuto urbano della città dello Stretto è cresciuto quindi in questi decenni incrociando i suoi 72 torrenti e senza rispettarne l’assetto idrografico. Nel 2013 l’Università degli Studi di Messina, in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Geologi, l’Ordine Regionale dei Geologi e l’Ordine degli Ingeneri, ha condotto uno studio nel quale i torrenti Galati, Mili, Larderia, Zafferia, Cumia – Bordonaro, Bisconte – Catarratti e Papardo venivano definiti “a pericolosità idraulica elevata”. In realtà il rapporto della Protezione civile dimostra che tutti i torrenti messinesi hanno vari tipi di criticità ma per affrontarle sono necessarie ingenti risorse. I 32 milioni di euro messi a disposizione dal Piano nazionale “Italia sicura” non sono che una goccia nel mare e basteranno per Bisconte e per parziali interventi sull’Annunziata, mentre per gli altri si dovrà attendere, sperando nella clemenza del meteo. Con un ordinanza del sindaco dello scorso ottobre si era tentato, da parte dell’Amministrazione, di trasferire le sue competenze nella rimozione di quelle opere, che sono d’intralcio al regolare deflusso dell’acqua, al Genio Civile. Ma a novembre l’ingegnere capo Leonardo Santoro ha fatto partire una diffida, nei confronti del Comune, ad intervenire per liberare gli alvei dei torrenti non solo dalle opere primarie realizzate ma anche da quelle secondarie come le bitumazioni o quelle che consentono ad esempio l’illuminazione e l’erogazione idrica. Il Genio Civile ha anche intimato di precludere il rilascio “di qualsiasi nuova autorizzazione o concessione edilizia per opere che prevedano, si legge nella nota, quale unico ed improprio accesso l’alveo dei torrenti”. Il provvedimento emanato reitera numerose ordinanze e conseguenti diffide emesse negli anni dall’Ufficio di via Saffi e finalizzate alla rimozione di tali criticità. Alla base dell’ordinanza di Palazzo Zanca, che non sa proprio dove reperire fondi, pare ci sia stato il tentativo di fare intervenire la Regione per finanziare la rimozione delle interferenze più gravi. In qualche dichiarazione l’assessore ai lavori pubblici e protezione civile Sergio De Cola, ha parlato dell’esistenza “di manufatti in regola con il Prg ma abusivi per logica” e assicura che si sta lavorando per individuare ed intervenire, per quanto possibile, sugli abusi.

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