Operazione antimafia alle prime luci dell’alba ad Alcamo e Castellammare del Golfo. Ci sono stati anche arresti per estorsione, tra i quali quello di Vincenzo Artale, imprenditore “simbolo” dell’antiracket locale. Nel quadro delle attività investigative finalizzate alla ricerca di Matteo Messina Denaro ed al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra trapanese che vede a capo il latitante, stamane, alle prime luci dell’alba, militari della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani hanno dato esecuzione a 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti del capo famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo e di altri quattro affiliati, tra cui alcuni imprenditori, per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto.
I dettagli saranno resi noti durante la Conferenza Stampa che si terrà in data odierna alle ore 11:00 presso il Tribunale di Palermo “aula M”.
Tra gli arrestati c’è anche l’imprenditore “simbolo” dell’antiracket Vincenzo Artale, dell’associazione antiracket di Alcamo (era anche nel collegio dei probiviri dell’associazione) Nel 2006 Artale aveva denunciato alcuni esattori del pizzo. Ma in realtà era in affari con i boss, ed è finito in manette assieme a loro, con l’accusa di tentata estorsione, aggravata dal favoreggiamento a Cosa nostra. Artale avrebbe avuto uno sponsor d’eccezione, il nuovo capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, Mariano Saracino, anche lui un tempo imprenditore del settore del calcestruzzo, era già stato arrestato una prima volta nel 2000 perché ritenuto vicino a Cosa nostra. Con Artale e Saracino sono state arrestate altre tre persone.
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