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La crisi a Messina e in provincia: chiudono le imprese, aumenta la disoccupazione

Tessuto economico in crisi con aziende che chiudono e disoccupazione in crescita. La provincia di Messina continua ad essere una realtà in sofferenza malgrado gli interventi normativi nazionali, come il Jobs Act, che dovevano ridurre il precariato e aumentare l’occupazione. La spiegazione appare drammaticamente semplice: qui non ci sono proprio i posti di lavoro su cui utilizzare incentivi che a dire il vero negli ultimi decenni non sono certo mancati. “Prima del Jobs Act il sud usufruiva già di agevolazioni grazie alla legge 407 del 1990, – dice Francesco Rubino del Centro Studi della Cisl- con l’introduzione della nuova normativa, la 190 del 2014, tali benefici sono stati allargati al resto d’Italia e per il 2016 gli sgravi fiscali non saranno più totali ma diminuiranno del 40%”. Secondo i dati elaborati dal Centro studi del sindacato, che ha utilizzato varie fonti tra cui Istat e Inps, nel 2015 c’è addirittura un calo delle assunzioni di oltre 20 mila unità e questo dopo il segnale incoraggiante del 2014 che faceva registrare, rispetto al 2013, un aumento di occupati di circa 50 mila unità. Entrando nello specifico degli avviamenti in base all’età, se da un lato si registra un aumento delle assunzioni nella fascia da 16 a 29 anni vi è una contrazione per chi ha un’età compresa tra i 30 e i 44 anni che è ancora più consistente per chi ha superato i 45 anni. Il mondo del lavoro tende ad escludere in modo particolare le persone che sono state licenziate e non riescono a ricollocarsi nonostante le ingenti risorse messe in campo in termini di ammortizzatori sociali. Considerando i due anni precedenti all’introduzione nel 2015 del Jobs Act, nel territorio provinciale sono stati erogati circa 54 mln di euro tra cassa integrazione e mobilità in deroga, non considerando gli strumenti ordinari di integrazione salariale, coinvolgendo circa 5.000 lavoratori; solo la cassa integrazione in deroga ha riguardato 112 aziende messinesi. A risentire di tale diminuzione negli avviamenti risulta il settore dell’Agricoltura determinato dall’eccessiva stipula di contratti a termine. Alla forte diminuzione dei contratti a tempo determinato pari a 29mila 745, si registra un aumento di soli 6mila 171 contratti a tempo indeterminato, solo in parte compensati dalle altre tipologie contrattuali. C’è una diminuzione dei contratti occasionali e le altre tipologia contrattuali, o rimangono sostanzialmente inalterate o addirittura aumentano come nel caso del numero di tirocini che registrano un aumento di 7mila 357 per il sostanziale apporto dato probabilmente da “Garanzia Giovani”. Certo c’è un aumento, che si evince dallo studio della Cisl, delle trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato ma queste trasformazioni riguardano maggiormente i rapporti a tempo determinato e non si registra una tendenza alla stabilizzazione degli apprendisti o dei contratti di inserimento che di fatto godono già di un “risparmio sul costo del lavoro”. E’ enormemente aumentato poi l’utilizzo dei voucher e tra le regioni italiane la Sicilia ha il primato di un aumentato dell’utilizzo di questo strumento del 94,8%, superato dalla Provincia di Messina dove i voucher venduti nel corso del 2015 hanno avuto un incremento rispetto al 2014, del 103,1%. Il quadro imprenditoriale in cui tutto ciò si inserisce è desolante con una scarsa presenza di attività produttive e un terziario che rappresenta la maggiore attività economica. Su un totale di 45mila 753 imprese attive, così come risultanti dal sistema camerale, il settore del commercio rappresenta da solo il 34,20% delle imprese presenti, contro il 14,90% delle costruzioni, il 12,74% dell’agricoltura; l’industria con 3mila 913 imprese presenti sul territorio, costituisce solo l’8,55%. Nel 2011 il totale complessivo delle imprese presenti in Provincia di Messina ammontava a 46mila 201 quindi con una diminuzione complessiva a saldo di 448 imprese. i settori dell’agricoltura, dell’industria, delle costruzioni sono i settori che perdono il maggior numero di aziende. Tra il 2011 ed il 2015 a fronte dell’apertura di 978 nuove aziende, se ne sono perse ben mille 426, con un tendenziale che vede una, pur se modesta, modifica delle tipologie di impresa verso le società di capitali. Nel commercio pur registrando un dato negativo di 315 aziende individuali e di 113 aziende come società di persone, si ritrovano 369 aziende in più come società di capitali riportando il saldo complessivo a -31. Il settore dei servizi in genere è quello dove vi è un aumento delle aziende e dove si rende più evidente la tendenziale diminuzione delle imprese di tipo individuale; il settore del turismo (alloggio e ristorazione) registra il maggiore aumento con un totale di 337 aziende in più di cui 207 società di capitali.“Se il nostro tessuto economico non ha lavoro da dare, poco importano gli incentivi all’occupazione, -hanno sottolineato Tonino Genovese, segretario cisl Messina e Mimmo Milazzo segretario generale Cisl Sicilia- di fatto si traducono solamente in opportunità di vantaggi, sia economici che normativi, del “costo” del lavoro. L’ abbassamento delle tutele, quale quelle determinate con la riforma del Jobs Act, l’enorme ricorso ai voucher, inserite in un contesto di scarsissima offerta di lavoro, di debole presenza imprenditoriale, di poca produzione, dove la necessità di lavoro si traduce nel “bisogno” della sussistenza per se e la propria famiglia, non possono che preoccupare perché non lasciano che presagire scenari di sfruttamento e di lavoro nero”.

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