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Mafia, nuovo colpo al patrimonio riconducibile a Matteo Messina Denaro

Nuova confisca di beni nel campo della lotta alla mafia. Questa volta la confisca riguarda beni per 12 milioni di euro appartenenti a tre persone, Filippo Greco, Antonino Moceri, Antonino Francesco Tancredi, coinvolte nell’operazione “Campus Belli” e che poi sono state assolte, ma ciò non toglie che per l’autorità giudiziaria rimanga il convincimento che il loro patrimonio sia dovuto ai legami con Cosa nostra. Da qui il sequestro e la confisca.

Il patrimonio, riconducibile alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara ,era intestato fittiziamente agli imprenditori Moceri e Tancredi. Comprende aziende olearie, attività commerciali, abitazioni, terreni e numerosi rapporti bancari.

I tre furono arrestati il 12 dicembre del 2011 per associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni. Le indagini allora documentarono gli assetti e le attività criminali della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive della zona di influenza di Castelvetrano.

Le indagini hanno permesso di accertare la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara degli oleifici della Moceri Antonino & C. srl. e dell’Eurofarida srl, che il capomafia Leonardo Bonafede, già nel 1993, aveva intestato fittiziamente agli imprenditori Antonino Tancredi e Antonino Moceri, per sottrarli al provvedimento ablativo successivo alla sua condanna per associazione mafiosa.

Gli investigatori hanno scoperto poi come le casse delle due aziende fossero costantemente alimentate con flussi di denaro di provenienza illecita, che permetteva di ottenere finanziamenti pubblici. Le somme così accantonate venivano utilizzate poi per commissionare lavori alle imprese riconducibili al Rosario Cascio, “emanazione imprenditoriale del latitante Matteo Messina Denaro”, spiegano gli inquirenti. Il sequestro ha riguardato inoltre i beni di Filippo Greco, già titolare di società immobiliari e di costruzioni nella provincia di Varese e, secondo gli investigatori “principale finanziatore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che sosteneva attraverso costanti dazioni di danaro a favore degli associati detenuti ed alle imprese riconducibili alla consorteria”.

I PARTICOLARI. I trei coinvolti nella confisca di oggi erano stati arrestati nell’ambito dell’operazione disposta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo il 12.12.2011, per concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni, insieme ad altri indagati, tra cui Simone Mangiarancina, di 76 anni, e Cataldo La Rosa, di 48, considerati il braccio operativo dell’anziano boss di Campobello di Mazara, Leonardo Bonafede.

Il tribunale di Trapani ha, infatti, evidenziato la sussistenza dei presupposti alla base dell’originario provvedimento di sequestro, disponendo la confisca di 108 immobili (tra cui ville, abitazioni, fabbricati industriali, autorimesse, negozi, magazzini, laboratori e terreni), 4 società operanti nel settore dell’olivicoltura, 11 veicoli e numerosi rapporti bancari.

L’indagine “Campus Belli” aveva messo in luce le modalità di controllo delle attività economiche e produttive del territorio da parte dell’organizzazione riconducibile a Matteo Messina Denaro, attraverso la gestione occulta di società e imprese in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo.

Era emersa, infatti, la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara degli oleifici della Moceri Antonino & C. S.R.L. e dell‘Eurofarida S.R.L., che il capo mafia trapanese aveva intestato fittiziamente agli imprenditori Antonino Tancredi e Antonino Moceri, al fine di eludere la normativa antimafia.

Sono state oggetto di confisca anche la società semplice Moceri Olive e l’impresa individuale Tancredi Antonino Francesco, entrambe operanti nel settore agricolo ed olivicolo, risultato provento di attività illecite.

Localizzate in un territorio fortemente condizionato dalla presenza di cosa nostra, le aziende sottoposte a confisca hanno continuato a operare in regime di amministrazione giudiziaria, rendendosi protagoniste di iniziative volte a favorire la reintroduzione nell’economia legale, grazie al coinvolgimento delle istituzioni e delle associazioni antimafia.

Va ricordato il progetto avviato subito dopo il sequestro, che aveva visto la produzione e la vendita, su tutto il territorio nazionale, di olio extra vergine imbottigliato dalle aziende “liberate” dal vincolo mafioso, cui era stata dedicata un’apposita etichetta per il “consumo etico da bene sequestrato”, con il patrocinio dell’ufficio misure di prevenzione del tribunale di Trapani e le associazioni Libera e Fai.

Nel provvedimenti di confisca anche il compendio patrimoniale di Filippo Greco, già titolare di società immobiliari e di costruzioni nella provincia di Varese, e ritenuto imprenditore di riferimento del noto Francesco Luppino.

 

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