Last updated on 11 gennaio 2021
22 miliardi di euro il giro d’affari, con un aumento nell’ultimo anno del 30%. Sono questi i numeri tracciati dall’ultimo rapporto Agromafie 2017, presentato dalla Coldiretti in collaborazione con Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura.
Gestione dei mercati dell’ortofrutta e delle pesca, distribuzione dei prodotti alimentari in genere, ma anche furti di bestiame e macchinari e poi la ristorazione, che è addirittura il comparto preferito degli ‘agromafiosi’, con oltre 5.000 locali, in tutta Italia, specie nelle grandi aree urbane come Roma, Milano e le altre grandi città. Sono questi i settori d’interesse dei diversi clan mafiosi, camorristici e ‘ndranghetisti che riescono così a mettere in ginocchio soprattutto le piccole e medie imprese che operano nella legalità.
“Solo nell’ultimo anno – ricorda Coldiretti – le forze di polizia hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero se non rischi per la salute”.
Agromafie in Italia
Da «Agromafie 2017» emerge il quadro di un business malavitoso nel settore agricolo e agroalimentare radicato non solo al Sud. È vero che, in generale, il tasso di infiltrazioni criminali è più elevato nel Mezzogiorno (con regioni come Calabria, Sicilia e Campania tra le più rappresentate). Ma si assiste a un fenomeno molto diffuso anche al Nord. Al secondo e terzo posto della classifica nazionale compaiono infatti Genova e Verona. Nel capoluogo ligure, il report rileva «un diffuso sistema di contraffazione ed adulterazione nella filiera olearia»: prodotti di minore qualità provenienti dall’estero e rivenduti come italiani, anche attraverso la vendita su piattaforme e-commerce di prodotti falsificati. A questo si associano forme di lavoro irregolare, lavoro nero e caporalato. È l’allevamento dei suini, invece, il settore su cui si concentrano le organizzazioni criminali a Verona e Padova. «Capi di bestiame importati dal Nord Europa e indebitamente marchiati come nazionali». Un problema insomma che interessa tutti i territori d’Italia.
Agromafie in Sicilia
Tra le province siciliane, Palermo è quella in cui l’agromafia è più presente. Il capoluogo siciliano è al quarto posto della classifica nazionale stilata da Eurispes/Coldiretti. Seguono, tra le prime dieci, Caltanissetta e Catania, rispettivamente in settima e nona posizione. Ancora, tredicesima Agrigento e poi Messina (ventesima), Enna (ventunesima), Trapani (ventiduesima), Ragusa (ventitreesima) e Siracusa (trentesima). Coldiretti sottolinea come in Sicilia, così come in Calabria, il furto di bestiame e la macellazione clandestina di capi infetti costituiscono un business molto redditizio per la criminalità organizzata.
Nella regione, ha un ruolo predominante il controllo del mercato ortofrutticolo specie degli agrumi e della pesca. Gli uomini dell’Arma hanno confiscato 4 società operanti nel settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa di Campobello. Attraverso la gestione occulta di oleifici e aziende, intestate a prestanome, il boss era in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo. Il report conferma come Cosa nostra sia capace di controllare interi comparti della distribuzione e dei trasporti dei prodotti agricoli e del pescato, contribuendo così ad aumentare i prezzi da produttore al distributore finale. Plastiche da confezionamento e imballaggio, sono i nuovi interessi per le agromafie. Nello stesso rapporto si dice che per Palermo, la sua grande aera portuale oltre a rappresentare un volano per lo sviluppo economico è un’opportunità di crescita anche per le organizzazioni criminali».
La legge contro il caporalato e i reati agroalimentari
Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, “le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto nel piatto”. La legge contro il caporalato dello scorso ottobre e l’arrivo di una legge contro i reati agroalimentari: sono gli strumenti messi in campo per contrastare il fenomeno, citati dai ministri della Giustizia, Andrea Orlando, e delle Politiche agricole, Maurizio Martina. «Siamo all’ultimo miglio – assicura Orlando -: il testo di legge contro i reati agroalimentari è al dipartimento Affari legislativi di Palazzo Chigi, penso che rapidamente debba avere una risposta che la avvii al Parlamento».
E sul report agromafie 2017 è intervenuta la europarlamentare Michela Giuffrida, membro della Commissione agricoltura e sviluppo rurale. “Serve un piano di azione europeo per contrastare le agromafie, avevo già presentato lo scorso novembre un’interrogazione alla Commissione europea, per chiedere di istituire un programma specifico per il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata a danno delle imprese agricole. E ho riproposto la questione al Commissario per la salute e la sicurezza alimentare Andriukaitis, perché la Commissione europea elabori al più presto un piano di azione specifico in collaborazione con tutte le Direzioni generali coinvolte: la DG Agricoltura, la DG Salute e Sicurezza alimentare e Europol. Servono un’azione congiunta, un accordo tra la filiera e le istituzioni, il rafforzamento dei controlli, lo scambio di buone prassi tra attori del comparto, iniziative specifiche a sostegno di agricoltori e produttori onesti”.
“La piaga del caporalato – continua Giuffrida – aspetto con cui l’agromafia procaccia la manovalanza nella campagne costringendo in schiavitù donne e persino bambini, nonostante la legge appena approvata dal Governo nazionale, non subisce efficace contrasto e siamo ultimi anche per quanto riguarda le ispezioni finalizzate ad individuare il lavoro in nero. Mentre persino l’autorevole The Guardian si è occupato della situazione in cui lavorano nella nostra Isola le braccianti rumene indicando Ragusa come centro dello sfruttamento.
Non possiamo permettere – conclude Giuffrida – che la Sicilia sia terra di schiavitù, che le nostre campagne siano in mano alla criminalità, che la qualità delle nostre produzioni sia messa a rischio dalla mafia”.
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