Assalto criminale allo Zingaro. La più antica tra le riserve siciliane, a San Vito Lo Capo, un patrimonio unico, è per metà ridotta in cenere a causa di un devastante incendio doloso durato trenta ore e partito da quattro punti diversi. Per spegnere l’incendio sono stati utilizzati ben tre Canadair.
Secondo una stima approssimativa si parla di oltre tremila ettari tra zona boschiva, territorio della riserva e macchia mediterranea distrutti dalle fiamme.
Per quanto riguarda la Riserva vera e propria gli ettari in fumo sono 800, la metà circa rispetto all’estesione totale, 1650 ettari. La Riserva era stata colpita da altri incendi nel 2008 e nel 2012, ma non sono stati così devastanti come quello di ieri, che ha raggiunto le zone più impervie della Riserva, rendendo difficilissimi i soccorsi di vigili del fuoco, volontari, forestali, protezione civile.
L’incendio è scoppiato sabato intorno a mezzogiorno nella zona di Contrada Biro, a Custonaci. Ma è stato solo il primo focolaio, dato che si contano almeno quattro inneschi diversi: una vera e propria stategia criminale.
Sul posto il Sindaco di Castellammare, Nicola Coppola. Evacuate una struttura ricettiva e alcune abitazioni. Le fiamme hanno anche colpito la zona nei pressi della frazione balneare di Castelluzzo a San Vito Lo Capo. Lì sono state evacuate 15 villette e un b&b: circa duecento le persone che hanno dovuto abbandonare le abitazioni. Paura anche lungo la statale che da San Vito lo Capo conduce a Trapani perché ad un certo punto le fiamme hanno messo pericolo gli automobilisti. Poi il fuoco si è spostato a nord, e ha colpito Contrada Sughero, cuore dello Zingaro, e Monte Sparacio, mentre la temperatura ieri si aggirava intorno ai 40 gradi in tutta la Provincia.
Altre zone colpite: Balata di Baida a Castellammare del Golfo e Cala della Disa.
Intanto è sempre grave e ricoverato a Palermo, al centro grandi ustionati dell’ospedale Civico di Palermo Benedetto Li Causi, l’operaio della Forestale investito dalle fiamme mentre era intento nelle operazioni di spegnimento.
“Ieri sera ho visto l’inferno – racconta lo scrittore Giacomo Pilati – . Ci sono passato vicino. Ho respirato il suo puzzo immondo. Tornavo da San
Vito, potevano essere le 23,15. Le creste dei monti che orlano Castelluzzo erano ferite dalle fiamme, che oltraggiavano il cielo. Poi sempre più basse, fino a sfiorare la strada. Il fumo denso. Mi viene incontro. Avvolge la macchina. Un tunnel di fumo. Il crepitio del fuoco. Il tonfo di un ulivo incandescente sulla strada. Il fumo. Ora dal cielo piove cenere. Ora lacrime di fuoco. Non so se posso tornare indietro. Vedo fiamme dietro di me. La nebbia fitta. Provo a chiamare i vigili, la polizia. Le linee assenti. Faccio inversione. Dribblo un tizzone acceso sull’asfalto. Trattengo il respiro, il fumo entra nell’auto. Sento che si surriscalda. Ce la posso fare. Le lingue di fuoco. Sono li accanto a me. Devono finire il loro lavoro. Non deve restare più nulla. Torno a San Vito. Chiamo il 113. Le fiamme illuminano l’orizzonte. È una tragedia.E ha dei colpevoli. Ora so cos’è l’Inferno”.
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