Last updated on 25 novembre 2020
Il Censis ha reso pubblici i dati relativi alla povertà alimentare nel nostro Paese. Il 5% della popolazione italiana non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena.
I dati evidenziano come tre province siciliane (Palermo, Caltanissetta e Agrigento) risultano essere tra le più problematiche.
Eppure, il governo Musumeci aveva stanziato ben 100 milioni di Euro per rispondere al disagio alimentare delle famiglie siciliane.
Stanziamento, che aveva consentito al presidente di guadagnare qualche titolo di giornale e di potere affermare che la Sicilia da sola aveva fatto più del governo nazionale che di milioni ne aveva stanziato solo 400 ma per tutta Italia.
Ma è andata veramente così?
A distanza di 7 mesi un primo bilancio può essere fatto.
I famosi 100 milioni di Euro, previsti dalla delibera della Giunta Regionale Siciliana del 28 marzo erano destinati ai 389 comuni siciliani per alleviare il forte disagio causato alle famiglie dalla pandemia.
Va chiarito che la disponibilità della Giunta all’atto dell’assunzione della delibera era solo di 30 milioni di €, in quanto l’utilizzo dei restanti 70, provenienti dai Fondi Poc, andava prima concordato con il Governo Nazionale e successivamente autorizzato dalla Commissione europea.(hanno venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, questo, però, nelle conferenze stampa non si dice) Ricapitolando, disponibilità immediata di 29.999.346 € e avvio delle procedure per l’utilizzo dei restanti 70
milioni.
A questo punto qualcosa si deve essere inceppato perché 6 comuni (Calamonaci, Campofelice di Fitalia, Furnari, Porto Empedocle, Rodi Milici, Sclafani Bagni) hanno ritenuto di non richiedere i fondi e due comuni
(Ramacca e Siracusa) hanno chiesto di conoscere le modalità di restituzione delle risorse ricevute. Così come è un dato che circa un quarto dei comuni siciliani ha già comunicato di non voler richiedere le ulteriori somme provenienti dai Fondi POC. Altro dato che desta preoccupazione è il 20% dei comuni siciliani non ha attivato alcuna spesa e che risultano rendicontati importi per meno 3 milioni di €, con il rischio di non raggiungere i livelli di spesa previsti. Questi i numeri, qualche domanda, però, appare lecita:
• il disagio delle famiglie è stata un’invenzione giornalistica?
• i comuni dispongono di risorse proprie da potere fare a meno dell’aiuto regionale?
• Che le procedure previste per l’utilizzo delle risorse ne ha reso per moltissimi comuni impossibile
utilizzo?
• Che il provvedimento adottato dalla Giunta di Governo non ha tenuto assolutamente conto di quella che è la vera realtà siciliana?
Credo non esista una sola risposta ma compito del Governo regionale è capire ciò che è accaduto e porvi rimedio.
Porvi rimedio significa anche aprire una discussione con il terzo settore che nel tempo ha saputo dimostrare di sapere aiutare, nel silenzio generale, chi ha bisogno. Sono convinto che se il governo regionale avesse ascoltato quanti operano quotididianamente sul territorio a stretto contatto con chi vive il disagio, oggi la situazione sarebbe sicuramente diversa.
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