“Cosa nostra” palermitana resiste alla pressione degli inquirenti impegnati costantemente in indagini che decapitano i mandamenti mafiosi”. E’ un passaggio della relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario che sarà illustrata dal presidente della Corte d’appello di Palermo Matteo Frasca nel corso della cerimonia nell’aula magna del palazzo di giustizia. Frasca ha parlato anche della mafia nigeriana, “rispetto alla quale la Procura -dice Frasca – ha assunto, insieme con pochi altri, una funzione pionieristica”. La principale fonte di reddito di Cosa nostra è attualmente costituita dal traffico di stupefacenti, acquistati, di norma, dalle o con le organizzazioni calabresi e campane La seconda è costituita dalle estorsioni. “Purtroppo, nonostante la meritoria attività di alcune associazioni antiracket, affidabili e realmente attive sul territorio, – spiega – rimane esiguo il numero delle vittime che, di loro iniziativa, denunciano gli autori delle estorsioni; sono più numerose quelle che, sentite al termine delle indagini, confermano il quadro probatorio già di per sé completo. Ma non è certamente irrisorio, ancora oggi, il numero di quelle che, anche di fronte all’evidenza, negano i fatti”. “Particolare attenzione – denuncia – merita la composizione e la partecipazione alle associazioni antiracket perché la possibilità di infiltrazioni mafiose, assolutamente impensabile un tempo, è attualmente possibile”. Frasca sottolinea il rischio di infiltrazione di cosa nostra nel settore delle slot machines e delle scommesse on line e la presenza mafiosa nel campo degli appalti.
“L’anno giudiziario che ci apprestiamo a inaugurare si apre tra numerose incognite e tanti timori – ha detto Frasca -. La pandemia ha modificato i nostri ritmi di vita, ha condizionato i rapporti personali, ha inciso fortemente sulle consuetudini, ha cambiato la percezione del tempo, ha generato insicurezza e precarietà, ha alimentato il senso della incapacità di progettazione nel medio e nel lungo periodo, rischia di divenire anche un’emergenza esistenziale. La presidente Cartabia ha recentemente ricordato che “Dobbiamo prevenire un secondo spillover della malattia, che dopo aver colpito l’umanità nel corpo non ne intacchi l’animo”. Queste preoccupazioni valgono anche per le ricadute che potranno avere sulla Giustizia perché anche il diritto è alla sfida della pandemia. Il Paese non può permettersi un nuovo lockdown della giurisdizione”.
Sempre per quanto riguarda la pandemia Frasca ha aggiunto: “Il Covid-19 ha impresso una accelerazione al processo di trasformazione sociale che impone un altrettanto rapido adeguamento della Giustizia.
La Commissione europea ha affermato che la Giustizia è una delle componenti strategiche per una società basata sui valori Ue e per una economia resiliente e che occorre aumentare gli sforzi e non limitarsi alla trasformazione digitale, ma passare alla reingegnerizzazione dei processi”.
E infine le opportunità che derivano dalle risorse finanziarie: “Lo stanziamento globale previsto nel “Recovery Plan” per la Giustizia è di straordinaria rilevanza ed è possibile utilizzare anche i fondi del Piano di coesione 2021-2027, i fondi di sviluppo regionale e il fondo sociale – ha detto Frasca -. Una enorme quantità di risorse il cui investimento chiama tutti a una grande responsabilità per consentirne un utilizzo razionale all’insegna di una progettualità complessiva che vada al di là delle pur necessarie riforme dei riti e dell’ordinamento ma che comprenda la revisione e il potenziamento mirato delle dotazioni organiche della Magistratura e del Personale amministrativo, sul quale, peraltro, va dato atto al Ministero di avere profuso nell’ultimo periodo uno sforzo senza precedenti, e che rivolga finalmente la necessaria attenzione al tema dell’edilizia giudiziaria.
Si tratta certo di un processo lungo, complesso e difficile ma che va comunque intrapreso con determinazione abbandonando la logica degli interventi di corto respiro, sovente sollecitati da spinte populiste e dettati da obiettivi di breve periodo, ma privi di visione progettuale e destinati a naufragare con rapidità. A questo processo di innovazione non può rimanere estranea la Magistratura, chiamata, come l’Avvocatura, a fornire quell’apporto di elaborazione culturale e di contributo scientifico legittimato dal ruolo rivestito”.
“La Giustizia, attorno alla quale si sta consumando un aspro confronto politico, non dovrebbe essere un terreno divisivo e certamente non può esserlo per la Magistratura e per l’Avvocatura che pur nella fisiologica diversità di posizioni devono impegnarsi congiuntamente, nel rispetto della responsabilità politica che grava sul Governo e sul Parlamento. Il “laboratorio Palermo” che va ben al di là dei pur diffusi protocolli è stato ed è espressione di questa solida e condivisa consapevolezza. Non perdiamo questa opportunità forse irripetibile per evitare che l’epidemia diventi anche la pandemia dei diritti” ha concluso Frasca.
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