E’ un atto di accusa sul Sud, un discorso duro (anche se garbato), un intervento appassionato quello fatto dal presidente della Regione siciliana Nello Musumeci che è intervenuto alla prima giornata dei lavori di “Sud-progetti per ripartire” che ha aperto la campagna di ascolto lanciata dal ministero per il Sud oggi guidato da Mara Carfagna.
“Questa iniziativa – ha detto Musumeci – costruisce un buon motivo di confronto e analisi anche se temo che di questione meridionale si possa anche morire visto che ne parla da 150 anni e dalle nostre parti il tema viene affrontato con un certo scetticismo. Nel mezzogiorno si corre il rischio di perdere le ultime potenziali risorse per la crescita e l’avanzamento. Noi qui viviamo affrontando la realtà del pane quotidiano, e non c’entra la pandemia, quella ha solo aggravato una realtà già difficile nel 2019″.
“Guai a dover dire che la colpa è sempre di Roma – ha detto ancora Musumeci – la colpa è anche della realtà locali, del clientelismo. Chiedo alla ministra per il Sud e al presidente del consiglio, quale è l’idea del Mezzogiorno che hanno Bruxelles e Roma, quale la proiezione del bacino euro-asiatico, perché solo se chiariamo questi obiettivi potremo capire cosa realizzare nel sud dell’Italia. In Sicilia e nel Mezzogiorno- ha detto ancora Musumeci – i progetti sono fermi da almeno 30 anni, c’è quindi una contraddizione che si chiama lentezza.
Questa occasione deve anche consentire l’assunzione di responsabilità e serve una sburocratizzazione. Il ponte Morandi diventi un esempio per il Sud. Ci vuole la sanzione per le amministrazioni pubbliche. A Roma al consiglio superiore dei lavori pubblici un’opera può rimanere ferma anche 3 anni.
Bruxelles e Roma devono capire che il Sud non è solo una questione dei meridionali perché i primi errori si fanno a Roma.
Non a caso le risorse del Recovery Fund per la Sicilia sono state decise a Roma”, ha osservato ancora il governatore.
«Smettiamola – ha aggiunto il Governatore siciliano – con il luogo comune della problematica sulla legalità nel Sud. Andava bene dieci o venti anni fa. Oggi il fattore criminalità, che c’è ed è presente, non può essere più considerato una diseconomia se paragonato alla paurosa carenza di infrastrutture e alle procedure burocratiche che da Bruxelles, e a Roma, non sembrano concepite per accelerare la spesa pubblica ma quasi per frenarla. Come si può parlare di alta velocità se bisogna far fermare i treni veloci a Reggio Calabria, fare scendere i passeggeri e farli salire su un traghetto? Ancora si discute su “ponte sì o ponte no”: il ponte per i siciliani e per i calabresi è forse un capriccio? O, invece, una necessità fin troppo evidente? In altre parti del mondo – ha continuato Musumeci – un ponte si fa in due anni e qui, invece, se ne parla da cento. Per realizzare un’opera pubblica in Sicilia sono necessari 5,2 anni, quando ne basterebbero uno o due. Perciò serve una sburocratizzazione delle procedure: il Ponte Morandi di Genova diventi un metodo da esportare nelle Regioni del Sud. Dateci gli strumenti, diteci qual è la prospettiva euromediterranea della Sicilia, o se dobbiamo continuare solo a salutare le navi che passano da Suez senza fermarsi nei nostri porti. Non è possibile – ha concluso il Governatore – che i siciliani debbano pagare 600 o 700 euro il biglietto aereo per recarsi a Milano. Il Sud non vuole, e non può più, essere considerato una zavorra».