Terza dose di vaccino 5 mesi – e non 6 – dopo il ciclo di vaccinazione primario contro il covid. Il professor Franco Locatelli, coordinatore del Cts, afferma che per arginare i contagi una soluzione “potrebbe essere quella di ridurre l’intervallo tra il compimento del ciclo vaccinale primario e la dose booster da sei a cinque mesi”. Locatelli a SkyTg24 evidenzia che l’Italia “mantiene una delle situazioni più favorevoli in tutta Europa”. I numeri del bollettino odierno, con oltre 10mila contagi, “destano attenzione e vanno valutati con tutta la cautela del caso, ma non c’è preoccupazione estrema. È un momento in cui va posta la massima attenzione e ognuno di noi deve fare la propria parte”.
Anticipare anche in Italia la terza dose del vaccino covid per evitare il crollo della protezione ha sottolineato il professor Andrea Crisanti mentre l’Austria annuncia che la terza dose di vaccino anti-Covid sarà possibile già dopo 4 mesi dalla conclusione del ciclo primario di vaccinazione. “Non sono contrario a una strategia di questo tipo”, commenta all’Adnkronos Salute il virologo. Perché, spiega, “ha il vantaggio di anticipare la caduta della protezione. L’intervallo temporale fra vaccinazione primaria e dose booster fissato a 6 mesi dopo la seconda dose si basa sul fatto che dopo 6 mesi la protezione cala in maniera drammatica. Questo è il problema”, dice il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova.
Su questo fronte – anticipare i richiami rispetto ai 6 mesi convenzionalmente indicati – diversi Paesi stanno ragionando, con la benedizione dell’Agenzia europea del farmaco Ema che ha detto di ritenere “comprensibile” una riflessione di questo tipo. In Italia fra le voci che hanno chiesto di affrontare la questione di un anticipo della terza dose al quinto mese dalla seconda c’è quella dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Ci sarebbe qualche problema di sicurezza? Cosa dicono i dati scientifici? “Sicuramente non c’è rischio – risponde Crisanti – La terza dose è stata fatta ormai a milioni di persone in Israele, quindi non c’è nessun problema”.
Dovremmo dunque anticipare le somministrazioni anche in Italia? “Il problema è che anticipare i richiami su grandi numeri significa aumentare il numero delle vaccinazioni immediatamente – osserva – Poi, fra le altre cose, non sappiamo neanche quanto dura questa terza dose in termini di protezione. Farla in un intervallo fra 5 e 6 mesi va bene”. Quello che Crisanti tiene a ribadire è che l’importanza del richiamo: “La terza dose lo ritengo la priorità assoluta. Il resto conta pochissimo. Cambia poco farla al 5 o al 6 mese, ma è prioritario farla. E in un anticipo di questo tipo non ci vedrei niente di male. Nulla in contrario”.
La campagna di vaccinazione procede. “Abbiamo somministrato la dose booster a 3,7 milioni di persone e negli ultimi giorni c’è stata una chiara accelerazione -dice- e dobbiamo insistere su questi due canali, somministrare la dose booster a chi ha maggiori rischi e completare il ciclo di vaccinazione primaria”. Nel dibattito, si parla di obbligo di vaccinale: “Si possono considerare forme di obbligo vaccinale per alcune categorie professionali, in particolare chi assiste o è a contatto con il pubblico, a esempio forze dell’ordine, dipendenti della pubblica amministrazione e insegnanti, pur essendo queste categorie connotate da un’alta percentuale di vaccinazione”. L’estensione dell’obbligo a tutta la popolazione è “un’opzione estrema”.
Si attende la decisione dell’Ema sul vaccino per i bambini di fascia 5-11 anni. Le somministrazioni “partiranno quando i vaccini saranno approvati da Ema e Aifa, i bambini vanno vaccinati per proteggerli da forma gravi o prolungate, rare ma presenti, per garantire la frequenza scolastica e tutelare i loro spazi sociali”, dice, ribadendo che “il profilo di sicurezza di vaccini a mRna è assolutamente rassicurante”. Bisogna evidenziare poi che un incremento rilevante di contagi “c’è stato nella fascia pediatrica 6-11 anni che è quella in cui non è iniziata la vaccinazione”.
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