Last updated on 2 gennaio 2022
Abdì Mohamed ha i capelli grigi e gli occhi seri, che a volte si inumidiscono per la commozione. Ricordano la Somalia, il Paese da cui è dovuto scappare per sfuggire alla guerra e alle violenze del gruppo Al-Shaabab. Ricordano la fuga, il rifugio in un campo profughi in Etiopia, poi il viaggio verso l’Italia 4 anni fa, grazie a Caritas e UNHCR, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, insieme a tutta la famiglia, composta da 8 persone, lui sua moglie e i sei figli.
In Somalia Abdì, prima di essere costretto a lasciare la propria casa, insegnava il Corano ai bambini e lavorava la terra. “In Somalia ho avuto molte esperienze con l’agricoltura, infatti lavoravo in campagna vicino al campo di Eldamer. Soprattutto mi sono occupato di allevamento: lavoravo in campagna allevando pecore, cammelli e mucche.”
A Ragusa ha lavorato in alcuni campi e in case private, e nella tenuta Magnì, prima di seguire qui il laboratorio di Coltiviamo l’integrazione, progetto finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione del Ministero dell’Interno con capofila Tamat NGO, in collaborazione con Associazione I Tetti colorati Onlus di Ragusa, Fondazione ISMU, Associazione Robert F. Kennedy Human Rights Italia e Cardet, con l’obiettivo di fornire ai migranti strumenti di integrazione sociale, culturale ed economica attraverso un’attività pratica che favorisca l’interazione con la comunità locale e dia competenze che possono servire per il futuro.
A Ragusa la sperimentazione, promossa dall’Associazione I tetti Colorati onlus, presso la Tenuta Magnì, concessa in comodato d’uso gratuito dalla Diocesi di Ragusa alla Cooperativa agricola Semina Mondo ha coinvolto in un primo ciclo tre donne (due di nazionalità eritrea ed una marocchina), e tre uomini (due di nazionalità gambiana ed una algerina) e nel secondo ciclo 8 destinatari provenienti dalla Nigeria, Somalia e Gambia. I beneficiari hanno preso atto dei concetti di lavorazione del terreno, osservando l’aratura e la sistemazione della superficie, impostando un sesto di impianto idoneo alla crescita degli ortaggi, scelti insieme. Sono state organizzate anche cene solidali.
Ogni mattina Abdì si alzava alle 7, prendeva l’autobus verso la tenuta, poi tornava a casa nel pomeriggio per stare con la famiglia.
“Ho lavorato per la preparazione del sesto d’impianto, la sistemazione del campo per gli ortaggi, soprattutto melanzane, cipolle, aglio raccolta di limoni e altri alberi da frutto. Alla tenuta Magnì mi sono anche occupato di gestire gli asini. In Somalia ci sono pochissimi cavalli, ma molti asini e cammelli” racconta. “Qui in Italia non ci sono cammelli e questo mi dispiace molto, la loro carne è molto saporita, il loro latte molto gustoso.”
Tra i sapori che gli mancano di più ci sono il pane, alcune varietà di peperoni e i dolci fatti con il latte di cammello.
Coltivare la terra gli piace anche “se in inverno è difficile, fa freddo e la terra è dura, io preferisco l’estate!”. Facendo il contadino Abdì ha imparato anche l’italiano. Tra i suoi sogni nel cassetto, c’è quello di avere, un giorno, un campo tutto suo, “per poter coltivare i miei ortaggi preferiti: melanzane, fave, cipolle, aglio e lattuga. E poi mi piacerebbe molto sviluppare una coltivazione di datteri, che mi piacciono tantissimo. Anche allevare cammelli non mi dispiacerebbe”.
L’esperienza di Abdì e degli altri beneficiari di Coltiviamo l’integrazione, le loro storie, le attività che hanno svolto durante il laboratorio sono raccontati in documentario web e nella mostra fotografica on line “Inside” (https://inside.coltiviamolintegrazione.it, realizzata da Sheldon.studio), con gli scatti di Stefano Schirato.
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