Inchieste, arresti, condanne hanno colpito la mafia ma non hanno messo in crisi il suo ruolo “sociale” nel territorio che anzi si è ampliato. Fedele alla sua storia, Cosa nostra continua a controllare la vita e l’economia dei quartieri dove esercita la sua mediazione per risolvere conflitti familiari e sentimentali, per riscuotere crediti, per gestire le feste di quartiere e per imporre l’ingaggio di cantanti neomelodici.
Questo è il quadro vecchio e nuovo della mafia tracciato dal presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione di apertura dell’anno giudiziario. La presenza di gruppi criminali è testimoniata da un aumento delle denunce, frutto di inchieste che hanno svelato le tecniche adottate dai boss per rinsaldare il consenso. La penetrazione nell’economia segue il canale tradizionale del “pizzo” (che con la droga è il principale canale di finanziamento) contro il quale cresce la ribellione delle vittime.
Sono state 15 le denunce nella sona di Porta Nuova, ma nessuna a Brancaccio quartiere dominato dalle cosche. Le inchieste hanno rivelato che ora la mafia, oltre a taglieggiare i commercianti, cerca di mettere le mani sulle aziende. Per questo la risposta dello Stato, oltre al sequestro e alla confisca di beni, è orientata alla bonifica e riabilitazione delle attività economiche contaminate. “La realtà palermitana – sostiene Frasca -rimane ancorata a un’associazione mafiosa forte e pervasiva che si è fatta essa stessa impresa o che si è impossessata delle imprese”. Durante la pandemia il lavoro negli uffici giudiziari non si è fermato.
Ma a Palermo la giustizia è sempre più lenta. Per questo sono stati pagati 4 milioni e 350 mila euro di risarcimenti per “irragionevole durata” dei processi molti dei quali sono andati in prescrizione . Colpa anche della carenza di magistrati (ne mancano 21) in un posto di forte “valenza simbolica anche internazionale”.
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