PALERMO – C’è l’azienda che ha 200 anni di vita e c’è quella che invece è stata creata solo quarant’anni fa. C’è il marchio del caffè e quello del trasporto su gomma, l’amaro e l’azienda pubblicitaria. È la storia dell’imprenditoria palermitana, quella che spesso passa in secondo piano vittima dei luoghi comuni e che invece ha avuto e ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del capoluogo siciliano e dell’isola. A loro, in tutto 57 quelli presenti, ha dedicato una giornata Confindustria Palermo guidata da Alessandro Albanese e mettendoli in mostra ha reso plastico e tangibile ciò che in genere non viene considerato come un dato reale nella città dominata dalla politica per la presenza strutturata della sede regionale e degli uffici pubblici che negli ultimi trent’anni sono cresciuti a dismisura sull’onda della crescente spesa pubblica.
«Qui – dice Albanese – c’è il mondo produttivo di Palermo, la parte laboriosa della città. E questa è la dimostrazione che è possibile produrre in un territorio difficile». I marchi storici, come ha più volte ribadito lo stesso Antonello Montante, sono i testimonial di una Sicilia che non si rassegna e vanno valorizzati.
Queste 57 aziende presenti nella sala di Confindustria Palermo sono testimoni della voglia di fare, di stare sui mercati, di competere. Ci sono alcune storie che sono poi testimonianze del tessuto connettivo imprenditoriale del capoluogo siciliano. Si prenda l’azienda Tutone, quella dell’amaro: è nata 200 anni fa nel cuore di Palermo, in quella che oggi si chiama Piazza Rivoluzione e che un tempo si chiamava Piazza della Fiera Vecchia.
Oggi quest’azienda, che ha una sua rilevanza in mercati di nicchia, è amministrata da Alfredo Tutone (alla sesta generazione nell’azienda di famiglia), dà lavoro a una decina di persone e ha un giro d’affari di 1,5 milioni. Oppure la tipografia, i Priulla stampatori dalla fine dell’800 che hanno visto cambiare il mercato editoriale tante e tante volte e per aver stampato giornali non in linea con l’ortodossia politico-culturale del tempo alla fine del XIX secolo hanno anche avuto non pochi problemi: oggi si ritrovano a fare i conti con l’ennesima rivoluzione del settore, spiega Arcangelo Priulla, e provano a vincere la sfida con il digitale «puntando sulla qualità, sulla velocità. Abbiamo circa 1.600 clienti di cui 500 sono quelli fidelizzati»: vi lavorano 25 persone e ha un giro d’affari di tre milioni l’anno. O ancora la Sivibus rappresentata da Massimo Maniscalco che si occupa di autobus e sta ancora sul mercato cercando strade nuove anche all’estero: «Le imprese hanno capito che non è più tempo di fondi pubblici e contributi e che per continuare a esistere bisogna saper stare sul mercato e competere» dice Maniscalco.
O ancora Ksm, azienda che è ormai un colosso della sicurezza (è presente negli aeroporti, nelle banche di tutta Italia) fondata alla fine dell’Ottocento da un ex ufficiale dei carabinieri Rosario Basile che nonno di Rosario che oggi ne è al vertice e bisnonno di Luciano, vicepresidente di Confindustria Palermo, uno degli amministratori del gruppo di famiglia e presente alla manifestazione: Ksm oggi è un gruppo nel cui ambito vi sono altre imprese che operano in settori più vari (dall’immobiliare al turismo oltre alla sicurezza e al trasporto di valori), fattura oltre 100 milioni e dà lavoro a circa tremila persone. «Questa manifestazione – dice Luciano – dimostra che c’è una grande tradizione. Cosa si dovrebbe fare ancora? Squadra, ecco. Gli imprenditori palermitani ma direi siciliani devono imparare a fare squadra, a fare sistema collaborare di più, ad allearsi per avviare nuove iniziative, avere una visione imprenditoriale e portarla avanti».
Fare sistema è la parola che corre di più. L’assessore alle Attività produttive del Comune di Palermo Marco Di Marco, imprenditore lui stesso, che in mattinata in un altro contesto ha presentato il marco a denominazione comunale spiega: «Quando si è insediato il sindaco Leoluca Orlando ha lanciato l’idea della vendita di Palermo. Ma per vendere Palermo c’era necessità di un marchio, di un brand ed è quello che abbiamo fatto: abbiamo firmato un accordo con la camera di commercio e presto firmeremo con l’Università. L’idea è di fare in modo che tutti facciano sistema e per questo motivo coinvolgeremo anche le associazioni di impresa».
La politica sembra di capire questa volta intende fare la propria parte. La vuol fare per esempio l’amministrazione regionale: l’assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, non solo ribadisce il valore dei marchi, della loro storia ma annuncia anche il varo di un disegno di legge per la valorizzazione di queste imprese che hanno saputo resistere di fronte a tutte le intemperie e agli ostacoli. Che in Sicilia, non sono pochi.
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