di Mariarita Sgarlata *
Ottemperando al diktat di alcune sigle sindacali ma al tempo stesso avendo a cuore le sorti dei nostri principali poli museali, a rischio chiusura nei giorni festivi, mi trovo a dover rispondere alle istanze allarmistiche che mi sono state avanzate e che sono state debitamente trasmesse alla stampa quasi in tempo reale. È certamente un’esperienza singolare tentare di imbastire un dialogo costruttivo con un sindacalista che, contemporaneamente, telefona al giornalista di riferimento con il pensiero dominante di fare uscire al più presto la notizia. Ecco la notizia! Quale notizia? La stessa che, puntualmente, da diversi anni, nel pieno della stagione turistica (maggio-giugno) viene propalata a mezzo stampa per suscitare allarme tra i turisti e gli operatori del settore, per fare pressione sui vertici del Dipartimento dei Beni culturali secondo logiche troppo oleate, ereditate dai “favolosi anni” del clientelismo a go go, ma forse ormai logore, per “sensibilizzare” l’opinione pubblica sul problema di un personale che ha ancora il lavoro, non rischia di perderlo ma, in tempi di profonda crisi, chiede straordinari e minaccia chiusure. Mi chiedo come spiegare all’opinione pubblica, magari all’infermiera, alla commessa o ad altre categorie di lavoratori che espletano il loro usurante servizio anche di domenica, usufruendo del riposo settimanale compensativo, la ragione per cui il personale preposto alla custodia di aree archeologiche, gallerie e musei regionali, la cui apertura è certamente importante quanto quella di un ospedale o di un negozio per il ritorno economico che ci assicura, non debba poter garantire l’apertura tutti i giorni della settimana. È inutile rimarcare le criticità ereditate da una gestione dei Beni culturali non virtuosa che ha provocato in questi anni una concentrazione di personale, compreso quello di custodia, a Palermo di 484 unità, riservando un numero di gran lunga inferiore agli altri capoluoghi dell’isola (dai 52 di Agrigento ai 22 di Enna ai 124 di Catania per citarne solo alcuni). Un solo esempio per tutti: ai 24 custodi che rimangono in servizio anche quando il Museo è chiuso per lavori e potrebbero essere utilizzati altrove (è questo il caso del Salinas di Palermo) si affiancano i custodi impegnati in turni di 24 ore in vari punti della Sicilia anche in presenza di impianti di sicurezza perfettamente funzionanti. E come rintracciare il personale che sarebbe utile a garantire la fruizione e vigilanza di siti e che invece è stato dislocato altrove (Corte dei Conti, Biblioteche)? E potrei continuare ma preferisco fermarmi.
Sì, è vero, le motivazioni della protesta riguardano il superamento – da parte dei lavoratori destinati ai predetti servizi – del limite, imposto dal contratto collettivo regionale di lavoro vigente, per i turni festivi, che non può essere superiore ad un terzo dei giorni festivi dell’anno. Ma il buon senso, forse anche un sano senso di responsabilità, suggerirebbe di affrontare i problemi senza creare un paralizzante muro contro muro. Il dato che già a giugno un numero consistente di personale abbia superato il limite significa che esiste un problema di errata distribuzione dei turni e che è venuta a mancare una corretta programmazione, che il prossimo anno ci impegneremo a garantire. Da parte dei responsabili dei singoli siti la problematica era stata posta all’attenzione dell’Amministrazione regionale, impegnata a individuare ogni possibile soluzione, in primo luogo attraverso una riconfigurazione complessiva dell’intero settore, nonché meccanismi rintracciabili nell’ambito dello stesso contratto, tenendo conto di strategie innovative dal punto di vista gestionale, nell’ottica di migliorare la fruizione del patrimonio, soprattutto in estate, quando si raggiunge il picco dei visitatori, senza dispendio di risorse economiche (non sono più i tempi!) ma ottimizzando l’uso del personale strutturato e precario.
* assessore regionale ai Beni culturali
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