Una vasta rete di 388 tra imprese ed enti no profit del sud Italia per due anni di attività mirate al reinserimento sociale di circa 1.300 minorenni autori di reato. Oltre 200 giovani avviati ad autentiche work experience con borsa lavoro mensile, per una decina di loro anche con successiva assunzione presso le stesse ditte ospitanti. E ancora, applicando i parametri statistici fissati da un recente report ministeriale, 650 ragazzi sottratti al rischio di recidiva in età adulta e al potenziale ingresso nei penitenziari per maggiorenni, a vantaggio del decongestionamento delle carceri e con un risparmio per lo Stato fino a 30 milioni di euro annui, stimabile in base alla spesa media per detenuto. Sono i numeri del progetto Percorsi di legalità, condotto dall’associazione Euro di Palermo (soggetto attuatore) d’intesa col Dipartimento per la Giustizia minorile del Ministero della Giustizia e finanziato dal Ministero dell’Interno con 2 milioni e 650 mila euro del Programma operativo nazionale (Pon) “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”.
Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, le quattro regioni dell’Obiettivo convergenza 2007- 2013, hanno messo a sistema, tramite 21 sedi operative dislocate nelle varie province, l’apporto degli organismi istituzionali, del terzo settore e del tessuto imprenditoriale per un’inedita strategia integrata di recupero rivolta a ragazzi dell’area penale, tutti rigorosamente indicati dagli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm) che li hanno in carico. Azioni formative, orientamento professionale, training lavorativi sul campo e la consulenza specialistica di professionisti-tutor hanno dato ai partecipanti la possibilità di imparare tecniche e mestieri, di acquisire competenze lavorative e metterle a frutto, oppure di pianificare e poi avviare percorsi di studio coerenti con le aspirazioni personali. Tutti strumenti essenziali per alimentare concretamente una prospettiva di vita in cui realizzarsi, come testimoniano le storie di quanti, grazie al sostegno ricevuto attraverso il progetto, hanno davvero cambiato strada.
A suggellare tutto questo è, oggi a Villa Riso, sede dell’associazione Euro, l’assegnazione del primo premio Network etico per la giustizia minorile, ufficialmente istituito un mese fa dal Dipartimento per la Giustizia minorile. Si tratta di un riconoscimento alla responsabilità sociale d’impresa, cioè all’impegno attivo degli operatori economici e degli attori del mercato nel concorrere, con le istituzioni e l’universo no profit, alla gestione delle problematiche d’impatto sociale. A questa idea hanno aderito finora 388 tra piccole e medie imprese ed associazioni non lucrative, che hanno manifestato disponibilità ad ospitare in work experience i giovani in conflitto con la legge. Tra quelle poi candidate dai Centri per la giustizia minorile in considerazione delle attività svolte, otto aziende hanno ricevuto la targa di menzione di merito, due per ciascuna regione dell’Obiettivo convergenza. In Sicilia sono l’Ente Scuola Edile di Catania e l’impresa Camillo Alessi di Palermo (frigoriferi industriali), che complessivamente hanno effettuato tre assunzioni. In Calabria, la cooperativa sociale Ciarapanì di Lamezia Terme per l’accompagnamento educativo e il Grand hotel de la Ville di Villa San Giovanni (Reggio Calabria) per la realizzazione di numerosi stage. In Puglia, SSD New sport management di Bari, per la capacità di accoglienza e supporto ai giovani, e la Scarlino impianti di Taurisano (Lecce) per l’abilità nel trasmettere le tecniche lavorative. In Campania, l’Anima show restaurant di Marcianise (Caserta), che ha assunto un giovane, e la Società nazionale di salvamento, sezione di Salerno, distintasi per avere abilitato professionalmente cinque giovani ai quali ha rilasciato il brevetto di bagnino di salvamento.
La selezione, basata sui criteri stabiliti in un apposito regolamento, è stata effettuata da una commissione istituita dal Dipartimento per la Giustizia minorile. Il Ministero ha anche assegnato menzioni speciali al Comando generale del corpo delle Capitanerie di porto, alla Fincantieri, alla Indesit all’associazione Euro. Al meeting sono intervenuti Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, Caterina Chinnici, capo del Dipartimento per la Giustizia minorile, Amalia Settineri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, Serenella Pesarin, direttore generale per l’Attuazione dei provvedimenti giudiziari, e Sabina Polidori, ricercatrice presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, oltre al presidente dell’associazione Euro, Eugenio Ceglia, che ha moderato. Presenti anche Giuseppe Centomani e Angelo Meli, direttori dei Centri per la giustizia minorile della Campania e della Calabria, Rosalba Salierno, direttore dell’Ussm di Palermo, e Michelangelo capitano, direttore dell’Istituto penale per i minorenni di Palermo. “Il progetto – sottolinea il presidente di Euro, Eugenio Ceglia – rappresenta un unicum in Italia per estensione territoriale, capillarità e per il numero di partner coinvolti.
È la prima volta che quattro regioni uniscono le risorse del pubblico e del privato per un’azione congiunta interamente indirizzata ai minori del circuito penale. Per questo motivo e per i risultati ottenuti il Ministero delle Politiche sociali ha deciso di chiedere all’UE che il Network etico per la giustizia minorile sia inserito nel catalogo delle best practise europee”. “Percorsi di legalità – ha sottolineato Caterina Chinnici – è a tutti gli effetti un progetto sperimentale per l’approccio sistemico che lo ha ispirato e rappresenta la nuova metodologia che il Dipartimento sta tentando di introdurre stabilmente nel sistema della giustizia minorile. L’effettivo reinserimento di quei minori che commettendo reati hanno contratto un debito verso la società non può infatti prescindere da una forte partecipazione del privato sociale e delle imprese, da intendere come chance concreta che la collettività offre a questi ragazzi per tornare in carreggiata”.
Storie di volontà e di riscatto, da chi ha trovato un lavoro a chi ha scelto l’università L’approccio personalizzato adottato dai 40 tutor specializzati (dieci per regione) ha offerto ai 1.300 minori segnalati dall’Ussm la possibilità di progettare percorsi di reinserimento aderenti alle attitudini, alle aspettative e alle esigenze pratiche di ciascuno. In questo senso, le varie azioni di orientamento, rivolte a tutti, sono state importanti quanto i moduli formativi (corsi per apprendista pasticcere e per chef, laboratori di educazione ambientale ecc…) e le work experience, alle quali poi solo alcuni hanno partecipato (205 stage, quasi tutti con borsa mensile di 400 euro, così distribuiti: 46 in Sicilia, 60 in Calabria, 42 in Puglia e 57 in Campania). Per otto ragazzi i training lavorativi sono stati seguiti dall’assunzione. A volte la strada della qualificazione professionale o degli studi è stata ritenuta la più appropriata mentre, altre volte si è optato per l’impegno operativo nel volontariato o sul fronte dei mestieri e dei servizi (artigianato, commercio, ristorazione e altri ancora), in ogni caso con la costante assistenza dei tutor, che hanno supportato la volontà dei ragazzi nei momenti difficili e ne hanno aiutato l’adattamento a contesti di regole e disciplina.
Tutto questo si riflette in alcune storie emblematiche, ricostruite attraverso i tutor e qui riportate indicando i minori con nomi di fantasia e omettendo, per motivi di privacy, i dettagli che potrebbero consentirne l’identificazione. A Catania, Fausto stava scontando una pena detentiva quando, grazie al progetto Percorsi di legalità, ha ottenuto dal giudice l’affidamento in prova ai servizi sociali ed è rientrato in famiglia. Pur con gli alti e bassi dovuti alle difficoltà di adattamento, dopo quattro anni trascorsi in carcere e senza aver mai lavorato prima, Fausto non ha mollato e lavorando alla scuola edile ha acquisito le competenze tecniche del manovale e poi dell’aiuto muratore. Ha imparato, inoltre, ad installare i pannelli fotovoltaici e ad occuparsi di manutenzione del verde. E c’è anche la sua firma sulle dimore per gatti costruite presso la scuola edile e poi donate al gattile del comune di Catania. Questa esperienza ha fatto apprezzare a Fausto il senso del dare qualcosa alla collettività e così, dopo aver frequentato il corso obbligatorio di sicurezza sul lavoro, non si è tirato indietro al momento di trasferire queste conoscenze agli studenti delle scuole medie di Librino, nell’ambito del progetto Mister sicurezza. Al quartiere di Librino Fausto ha anche voluto fare un piccolo dono personale: tabelle toponomastiche realizzate artigianalmente per “restituire” un’identità ad alcune strade il cui nome non era (o non era più) indicato. A Reggio Calabria è ambientata la vicenda di due ragazze coimputate dello stesso reato, entrambe liceali. Una, Roberta, ha avuto la sua seconda chance come segretaria in uno studio legale, grazie anche a una certa proprietà di linguaggio acquisita durante gli studi classici. Tale è stato il suo impegno che più volte ha finito per fornire agli avvocati un’assistenza paralegale, anche dietro ai banchi dell’aula-bunker. Roberta ha deciso che proseguirà gli studi e si iscriverà all’università dopo il liceo. Lo stage però le ha messo un dubbio: all’idea originaria di diventare fisioterapista si è sovrapposta quella di fare giurisprudenza e intraprendere la professione forense. Il tempo darà la risposta. L’altra coimputata, Marika, di origine asiatica, ha svolto un training formativo in una cooperativa sociale, dove per sei mesi ha assistito i bambini disabili. Una scelta condivisa con il tutor, che aveva visto in lei una spiccata sensibilità e una grande propensione all’ascolto e ad aiutare il prossimo. Marika è riuscita a diplomarsi al liceo scientifico ma durante gli studi ha trovato anche il tempo e la forza per lavorare saltuariamente come rappresentante in modo da guadagnare qualcosa e poter aiutare la famiglia. All’esito della messa alla prova, Marika ha ottenuto l’estinzione del reato. Ha deciso di iscriversi all’università, combattuta anche lei tra due opzioni: psicologia o scienze dell’educazione? In una pizzeria a Marcianise, in provincia di Caserta, lavora Michele, assunto con contratto a chiamata. Tre o quattro volte a settimana prepara le pizze e, a detta del titolare, lo fa molto bene. Il lavoro retribuito è il premio all’impegno e alle capacità che Michele ha mostrato durante il suo training lavorativo nell’ambito di Percorsi di legalità. Un test sul campo arrivato dopo un periodo di pena detentiva, attraverso l’affidamento a una comunità. Inizialmente era un po’ svogliato, poi ha iniziato interessarsi alle ricette dello chef e quindi ha trovato la sua dimensione davanti al forno a legna. Di sera lavora, di mattina frequenta l’istituto alberghiero. Aveva interrotto al secondo anno a causa dei problemi con la legge. Ora è al terzo anno ed è fermamente intenzionato ad arrivare fino in fondo per diplomarsi. A Bari, Mario ha svolto un training lavorativo di sei mesi presso un centro sportivo. Ha imparato a effettuare la manutenzione del palazzetto per la pallavolo, dei campi da calcio e dei giardini. E ha imparato a lavorare in équipe.
“Grazie a questo percorso – dice in una testimonianza scritta resa al suo tutor – ho avuto la possibilità di fermarmi a pensare alle mie caratteristiche positive e negative e ho scoperto parti di me che non conoscevo. Ora spero di trovare un lavoro stabile che mi dia la possibilità di stare in una casa tutta mia, con mia moglie e le mie splendide bambine alle quali vorrei dare un futuro bello e felice”. Nuovo report nazionale: col reinserimento socio-lavorativo recidiva in calo del 51% Gli interventi a sostegno dell’inclusione sociale e occupazionale dei minori che hanno commesso reati incidono fortemente sulla prevenzione delle eventuali ricadute. Lo spiega un recente studio promosso dal Dipartimento per la Giustizia minorile (“La recidiva nei percorsi penali dei minori autori di reato”) in cui, per la prima volta, è stata misurata statisticamente la tendenza alla recidiva dei beneficiari della messa alla prova, istituto disciplinato dal Dpr 448/88 che implica la sospensione del processo per una rivalutazione del minore dopo il suo inserimento in attività riabilitative come quelle sviluppate in Percorsi di legalità, dallo studio al volontariato, dalla qualificazione professionale al lavoro, con l’ulteriore particolarità della possibile estinzione del reato in caso di esito positivo della prova.
Il report mostra che non commette nuovi atti criminosi il 51% dei soggetti per i quali l’autorità giudiziaria ha ritenuto positivo l’esito della prova, ma che anche in mancanza di tale esito c’è comunque un abbattimento della recidiva pari al 36%. Peraltro, dalle statistiche annuali pubblicate nel sito web istituzionale del Dipartimento si ricava che in media la messa alla prova dà esito positivo nell’88% dei casi, il che è indicativo della forte attitudine di queste attività a stimolare, almeno nell’immediato, un cambio di prospettiva per quasi tutti i minori coinvolti. Riportando i parametri statistici sul campione di 1.300 minori del progetto Percorsi di legalità si può affermare che circa 650 di loro siano stati sottratti al rischio della recidiva, proprio perché dotati degli strumenti e del supporto necessari per valorizzare le potenzialità inespresse. Il dato ha un importante risvolto: 650 recidivi in meno significano altrettanti individui sottratti al potenziale ingresso nelle carceri per adulti, a vantaggio del sempre più invocato decongestionamento degli istituti di pena. Il tutto è poi traducibile in una consistente economia per le casse dello Stato: la spesa media giornaliera per ciascun detenuto adulto accertata nel 2013 è, infatti, di quasi 124 euro, cioè di 45 mila euro annui, che moltiplicati per i 650 farebbero quasi 30 milioni all’anno di potenziale risparmio per l’amministrazione penitenziaria. Ovviamente se si pensa all’applicazione delle strategie di reinserimento sociale su scala nazionale questi numeri virtuosi assumono proporzioni molto maggiori. Basti pensare al numero complessivo delle new entry nel circuito penale minorile: nel triennio 2010-2012 l’autorità giudiziaria ha segnalato all’Ussm circa 48.300 nuovi soggetti, per una media annua di oltre 16.000 nuovi rei minorenni. Parallelamente è in crescita il ricorso alla messa alla prova, che ha riguardato 4.584 individui nel 2010, 5.455 nel 2011 e 5.647 nel 2012.
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