Mimmo Fazio ci riprova, e ripropone all’Ars la sanatoria per le case costruite entro i 150 metri dalla battigia. Fra i sessanta emendamenti aggiuntivi presentati all’Ars al testo unico sull’edilizia c’è anche quello – bocciato in commissione qualche giorno fa – di Fazio, che è capogruppo del Misto: la nuova proposta prevede che siano sanati gli edifici costruiti entro il 10 agosto 1985, anche se sono già stati acquisiti al patrimonio comunale.
Gli emendamenti sono in totale sessanta, nessuno dei quali presentato dai grillini.
In commissione Ambiente, infatti, l’emendamento di Fazio fu bocciato dopo un corpo a corpo, due votazioni e una sospensione della seduta. Polemiche erano state sollevate anche per un emendamento della deputata democratica Valeria Sudano, che estendeva la possibilità di fare ampliamenti di volume alle costruzioni realizzate non più entro il 2009, come previsto dal piano casa di Berlusconi, ma entro il 2012. Alla fine era stata la stessa parlamentare del Pd a are un passo indietro.
Fazio, invece, tira dritto. “La logica della mia proposta – spiega a Repubblica – è mettere fine a un’ingiustizia dovuta a una errata interpretazione della legge. Ad altri cittadini, nelle stesse condizioni, è stato concesso di potere sanare le proprie abitazioni”. La proposta concede 90 giorni ai proprietari delle case entro i 150 metri per presentare una nuova richiesta di sanatoria, sospendendo nel frattempo le demolizioni.
Sono tanti i tentativi di sanatoria negli ultimi mesi. Per quanto riguarda le case costruite a meno di 150 metri dal mare, un emendamento qualche mese fa sosteneva che la legge nazionale del 1976 non venne mai recepita dai Comuni e che quindi i proprietari delle case quasi ”non sapevano” di andare contro la legge. Per le case costruite nelle aree sottoposte ai vincoli paesaggistici, invece, si era anche pensato di assegnare alle Soprintendenze il pieno potere autonomo di compiere una valutazione di compatibilità paesaggistica per tutte le costruzioni che all’atto della definizione del condono non avevano avuto la compatibilità paesaggistica.
In provincia di Trapani, poi, ci sono luoghi eletti a vere e proprie “capitali” dell’abusivismo costiero. Uno di questi posti è Triscina di Selinunte. L’ abusivismo edilizio a Triscina di Selinunte nasce negli anni ’60: per decenni si è edificato con il silenzio delle varie amministrazioni comunali, provinciali, regionali e anche delle forze dell’ ordine. Per oltre 20 anni si è «consentito» a migliaia di cittadini di costruire in una zona bellissima dal punto di vista paesaggistico, a due passi dall’ area archeologica. Agli inizi degli anni ’90 a Triscina si contavano oltre 6 mila abitazioni: abusive.
In Sicilia le case abusive non vengono demolite perchè i Comuni ad un certo punto perdono tempo, anzi, visto che c’è la sentenza di demolizione immediata, molti acquisiscono l’immobile a patrimonio pubblico da destinare a servizi di pubblica utilità. Quello che accade, secondo il Procuratore della Corte dei Conti, Giuseppe Aloisio, è che i proprietari, invece, rimangono al loro posto senza mai lasciare la casa e, anzi, si ritrovano pure con dei benefici da questa situazione, perchè non pagano nè canone di locazione, visto che non dovrebbero starci, nè le varie tasse, tra Imu, Tarsu e le altre imposte che le amministrazioni locali fanno pagare sulle abitazioni, e che nessuno va a chiedere. Un’indagine in questo senso sta andando avanti, utilizzando anche la piattaforma Siab in uso alla Regione che funziona da banca dati gestita dal dipartimento urbanistica. Ci sono già degli indagati tra le amministrazioni pubbliche, mentre i magistrati contabili stanno cercando di quantificare la portata del danno erariale dovuto ai mancati introiti derivanti da un canone di locazione e da tributi non versati.