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Abuso edilizio: tra rilevanza amministrativa e rilevanza penale, la tutela del Committente. Di Ester Mauro Scucces

Abuso edilizio: tra tra rilevanza amministrativa e rilevanza penale, la tutela del Committente. Abbiamo chiesto di parlarne all’avvocato Ester Mauro Scucces per la rubrica l’avvocato risponde

L’abuso edilizio rappresenta una delle problematiche più diffuse nel panorama giuridico e urbanistico italiano. Si verifica quando un soggetto, sia esso un privato cittadino o una persona giuridica (es. una società), realizza opere edili in violazione delle normative urbanistiche ed edilizie vigenti, senza le necessarie autorizzazioni o in modo difforme rispetto ai permessi rilasciati dall’Ente pubblico competente. L’abuso edilizio può avere rilevanza sia sotto il profilo amministrativo che sotto quello penale, a seconda della gravità e della modalità dell’infrazione.

Avvocato Ester Mauro Scucces
Avvocato Ester Mauro Scucces

Da un punto di vista amministrativo l’abuso edilizio si configura quando vengono violate norme contenute principalmente nel Testo Unico dell’Edilizia (DPR n. 380/2001). Indipendentemente dall’impatto sulla sicurezza pubblica o su beni giuridici di primaria importanza, si diventa sanzionabili dall’amministrazione già per il solo fatto di non avere avuto le “carte in regola” per la realizzazione di una data opera edile. In questi casi, l’amministrazione comunale, che ha la competenza in materia urbanistica, può intervenire richiedendo al trasgressore il pagamento di una semplice multa, il cui importo varia in base alla gravità dell’abuso e alla tipologia di violazione commessa. In aggiunta alle multe, ogniqualvolta l’amministrazione comunale dovesse invece riscontrare violazioni inescusabili del dettato normativo urbanistico ed edilizio, può riservarsi di spiccare ordini di demolizione, ovvero specifiche misure sanzionatorie che vengono emanate quando l’unico rimedio applicabile a un abuso totale o comunque particolarmente grave, rimanga quello della rimozione fisica dell’opera edilizia realizzata in netto contrasto con la legge. Tali provvedimenti devono essere proporzionati alla violazione e dettagliatamente motivati dall’amministrazione che li emette, altrimenti possono venire annullati in autotutela o innanzi al TAR. Infine, al di là di ipotesi straordinarie in cui intervengono precipue leggi volte a “perdonare” alcuni illeciti già commessi (i famigerati condoni edilizi), se l’abuso non determina una violazione grave delle norme di natura urbanistica e paesistico-ambientale e riguarda irregolarità che vengono sostanzialmente più tollerate dall’amministrazione, è possibile sperare di ottenere, da quest’ultima, il rilascio di provvedimenti volti a correggere lo stato di fatto e a regolarizzare le opere ormai realizzate, dietro il pagamento di una sanzione pecuniaria e la conseguente concessione di un permesso in sanatoria.

Diverso è il caso dell’abuso edilizio che costituisce vero e proprio reato. Infatti, quando la violazione delle normative urbanistiche ed edilizie è così grave da compromettere beni giuridici tutelati dall’ordinamento – come ad esempio la sicurezza e la salute pubbliche – e la condotta posta in essere dal privato che ha realizzato l’opera abusiva è commessa con colpa grave o, addirittura, con dolo, la legge stabilisce, a carico del trasgressore, l’applicazione di pene anche molto severe. È il caso, ad esempio, in cui un privato decida di realizzare un edificio in violazione delle normative di protezione ambientale, paesaggistica o archeologica particolarmente stringenti. In casi simili, l’articolo 44 del DPR 380/2001, prevede condanne fino anche a due anni di reclusione, sempre che la condotta del trasgressore – colposa o dolosa che sia – non costituisca reato più grave con conseguente applicazione di pene più aspre.

Ma se l’errore che ha portato alla segnalazione di un abuso edilizio lo ha commesso il tecnico che ho incaricato, ne rispondo sempre io?

Preoccupazione comune a molti cittadini riguarda l’eventualità di trovarsi a rispondere in prima persona di abusi e sanzioni derivanti da errore del tecnico da essi incaricato alla progettazione e/o direzione dei lavori edili. Preliminarmente bisogna ricordare che il privato che vuole commissionare la realizzazione di un’opera (chiamato infatti Committente o Ditta Committente) è l’effettivo firmatario di progetti e istanze di concessione depositate presso gli enti pubblici competenti e pertanto formalmente responsabile di ogni abuso edilizio che dovesse venire rilevato per violazione di norme che si presumono conosciute da quest’ultimo.

Premesso ciò, però, se è vero che la legge non ammette ignoranza, è pur vero che la materia edilizia e urbanistica è molto vasta e spesso di difficile comprensione per il cittadino comune. Per questo si ricorre a tecnici abilitati (es. geometra, ingegnere, architetto) che si presume siano in possesso di tutte le competenze e le conoscenze necessarie al fine di realizzare, per conto del Committente, opere che non contrastino con il dettato normativo vigente.

Fuori dei casi penalmente rilevanti e imputabili personalmente al Committente, il Tecnico nominato per le attività di progettazione e/o direzione dei lavori per la realizzazione di opere che dovessero risultare poi abusive, a causa di un suo errore, potrebbe essere chiamato a rispondere a titolo di responsabilità professionale dei danni patiti dal Committente.

Il ruolo del tecnico è infatti quello di garantire che nuove opere edilizie vengano realizzate in linea con la normativa vigente a livello locale e nazionale, adempiendo a questo obbligo professionale con correttezza e con quella che, per legge, è definita la diligenza del buon padre di famiglia. Tale garanzia pertanto si traduce anche nella possibilità, in ipotesi di negligenza, imprudenza o imperizia del tecnico, che quest’ultimo possa venire chiamato a risarcire il Committente per i danni derivanti dalla contestazione, a carico di quest’ultimo, di un abuso o di altra irregolarità nella realizzazione dei lavori o nella predisposizione della necessaria documentazione presso le autorità e gli enti competenti. Questo anche perché, per quanto formalmente il trasgressore rimanga il Committente, quest’ultimo, affidando un incarico professionale a un Tecnico abilitato, dietro compenso, di fatto delega un soggetto che dispone di tutti gli strumenti sufficienti a prevenire irregolarità, affinché questi compia determinati atti a suo nome. Pertanto, come qualsiasi altro professionista, il tecnico che, per conto del Committente, ad esempio, per distrazione, mal interpreta una norma, sbagli un progetto o presenti una richiesta di autorizzazione errata o, ancora, nel caso specifico in cui ricopra il ruolo di Direttore dei Lavori, ometta di ragguagliare il cliente circa l’andamento dei lavori od ometta di sospendere immediatamente il cantiere in caso riscontri gravi irregolarità, risponde per i danni che sono diretta conseguenza della sua condotta negligente, cagionati al Committente.

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