Non c’è solo il fronte irlandese, quello legato alla Ryanair e al contratto di co-marketing da rispettare, a mettere a rischio il futuro dell’aeroporto di Trapani Birgi. Campanelli di allarme arrivano dall’altra parte del Mediterraneo, dalla Libia. La crisi libica con la destabilizzazione del paese da parte del Califfato non ha lasciato scelta, ed è partito il conto alla rovescia per l’operazione di “peace-making”. Un’azione militare che vede l’Italia in cabina di regia e la Sicilia in prima linea con le basi di Birgi e Sigonella.
La coalizione di Paesi formata da Stati Uniti, Spagna, Germania, Francia, Italia, mira a stabilizzare il paese per costituire un governo di unità nazionale legittimato a chiedere l’intervento delle Nazioni Unite.
Sarà l’Italia a sostenere il maggiore sforzo bellico, con la cabina di regia della coalizione affidato al nostro paese. Verranno impiegati almeno 10 mila soldati italiani che parteciperanno alle operazioni militari e in totale si stima che possano servire 200 mila soldati, di tutti i paesi, per stabilizzare la Libia.
L’intervento in Libia consiste in tre fasi. La prima riguarda le operazioni di aviazione, con attacchi aerei e droni per eliminare dall’alto le roccaforti dell’Isis. Poi arriveranno le truppe di terra e una volta stabilizzato il Paese si potrà costituire un governo unitario.
Ed è proprio la prima fase dell’intervento a destare preoccupazione al territorio della provincia di Trapani. Partirà proprio dalle basi di Trapani-Birgi e Sigonella, e poi da Amendola in Puglia, la prima fase delle operazioni militari della coalizione di paesi.
La Sicilia in prima linea, e l’aeroporto di Trapani che vede i fantasmi del passato. Quel 2011 in cui rimase chiuso un anno per le operazioni in Libia contro il regime di Gheddafi. In quell’occasion lo scalo civile venne praticamente chiuso, con pochi voli garantiti, per il resto la pista veniva utilizzata per le operazioni nato. I danni, nel 2011, furono enormi. Il traffico aereo civile fu quasi del tutto azzerato, i pochi voli rimasti trasportavano pochi passeggeri (disinformati anche sulle reali condizioni dello scalo), attività turistiche che subirono perdite enormi. In quell’anno i voli Ryanair vennero trasferito a Palermo, al termine delle operazioni militari, e con la riapertura dello scalo di Birgi, alcuni voli rimasero a Punta Raisi. I danni al territorio, dicevamo, furono enormi. In queste settimane sono stati liquidati dalla Regione Siciliana 5 milioni di euro di ristoro dai danni provocati dall’intervento militare. Di questi solo una parte è andata ai comuni, circa 1,25 milioni, il resto è andato all’Airgest.
L’intervento militare in Libia sembra imminente, con l’aeroporto Vincenzo Florio in prima linea. Un periodo di chiusura indefinibile, dopo la crisi con Ryanair, potrebbe essere il colpo di grazia per lo scalo trapanese.