CATANIA – La Sicilia è al terzo posto in Italia per numero di prodotti a Denominazione d’origine controllata e con indicazione geografica tipica (sono 27) ma è solo al nono posto per capacità di esportare i prodotti dell’agroalimentare. Sono due facce di una medaglia, in fondo, che spiegano bene la condizione dell’agricoltura isolana e l’avanzamento della cultura industriale in questo settore. Che ha, oggi, una scarsa propensione all’export considerato che la Sicilia nella graduatoria nazionale ha una quota del 2,8% (che arriva al 3% nei primi sei mesi di quest’anno) a fronte di un 16,2% dell’Emilia Romagna (prima in classifica) e di un 15,9% della Lombardia (seconda). I dati sono quelli dell’Ice (l’Istituto per il commercio estero) che ha a sua volta rielaborato i dati Istat e sono stati presentati a Catania nel corso del convegno sul tema “Tecnologia, innovazione e marketing: le sfide per una nuova agroindustria” organizzato dal Comitato Leonardo in collaborazione con AAT Oranfresh presso la sede dell’azienda catanese e il parco scientifico e tecnologico della Sicilia.
Dall’analisi dell’Ice (le slide portano la firma di Gianpaolo Bruno, direttore di Pianificazione strategica, studi e rete estera) emerge che l’export siciliano di prodotti agroalimentari nel 2012 ha totalizzato 883 milioni con una flessione del 6,2% rispetto al 2011 quando era stato di 942 milioni. Mentre fa ben sperare il 2013 per il quale si hanno solo i dati parziali dei primi sei mesi (483 milioni) che raffrontati ai primi sei mesi del 2012 (449 milioni) segnano una crescita del 7,5 per cento. In generale la bilancia commerciale in questo segmento (ovvero la differenza tra l’export e import di prodotti agroalimentari) è per l’isola costantemente positiva anche guardando ai dati storici a partire dal 2004 e il saldo positivo è costantemente in crescita: dai 12 milioni del 2004 si arriva ai 106 milioni del periodo gennaio-giugno di quest’anno. Altri dati interessanti (riferiti sempre al periodo gennaio-giugno 2013) sono quelli che si ricavano dalla lettura della tabella sui principali mercati di sbocco dei prodotti agroalimentari siciliani: al primo posto la Germania con 104,591 milioni e una crescita del 9,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, al secondo posto la Francia con 56,153 milioni ma con una flessione del 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2012; al terzo posto gli Stati Uniti con 33,871 milioni e una flessione del 4,2%, al quarto posto il Regno Unito con 33,6 milioni e un incremento del 14,4 per cento. Molto distanti se non assenti i cosiddetti paesi emergenti (se ancora si possono chiamare così): si palesa per esempio la Cina che nel periodo gennaio-giugno di quest’anno ha importanti prodotti dell’agroalimentare siciliano per un totale di 4,9 milioni (e un incremento del 14,5%) ma non è assolutamente presente il Brasile: sembra evidente quali e quante siano le potenzialità per i prodotti siciliani in giro per il mondo.
«Abbiamo voluto dedicare questo incontro al settore agroalimentare – spiega Luisa Todini, presidente del Comitato Leonardo – perché è uno dei pilastri della nostra industria manifatturiera, secondo solo alla meccanica, apripista del Made in Italy nel mondo con un export pari a 32 miliardi di euro nel 2012. le imprese siciliane rappresentano una voce importante all’interno del settore e si dimostrano consapevoli dell’importanza di proiettarsi sui mercati internazionali». Ci sono nuovi mercati (i Brics e i paesi del Sud Est Asiatico e dell’area del Medio Oriente), hanno sottolineato gli espert, dove la diffusione di una nuova coscienza di sviluppo sostenibile e l’affermazione di nuove abitudini di consumo stanno creando nuovi spazi per le imprese del Made in Italy e in particolare per quelle dell’agroalimentare: «E’ un’opportunità che le impressi italiane devono assolutamente cogliere – sottolinea Luisa Todini – facendo sistema e agendo in un’ottica di fliera, ad esempio aprendosi a nuove forme di partenariato tra imprese locali, per essere più forti e arrivare lontano».
Anche l’innovazione tecnologica si conferma un fattore in grado di assicurare importanti vantaggi competitivi per le imprese del settore. «Le tecnologie innovative applicate all’ortofrutta possono contribuire alla creazione di un maggior valore aggiunto alle produzioni ortofrutticole e il “caso Oranfresh” ne è la dimostrazione” sono le parole di Salvatore Torrisi, Presidente e AD di A.A.T. SpA. “In conclusione la missione dell’azienda è la valorizzazione di tutte le produzioni ortofrutticole con l’impiego di processi e tecnologie innovative applicate al prodotto fresco. Con l’azione di marketing internazionale in corso si auspica di espandere Oranfresh da mercato di nicchia a mercato di massa».