Le polemiche su Addiopizzo a Palermo, l’arresto della presidente dell’associazione antiracket salentina, pongono ancora l’attenzione su molti aspetti poco chiari nel mondo dell’antimafia, sopratutto sul fronte delle associazioni antiracket. Un caso particolare è quello, ad esempio, dell’associazione antiracket di Marsala. Che è bene raccontare.
La storia dell’associazione antiracket di Marsala comincia nel 2000 con un’assemblea pubblica convocata dal Comune dopo l’ennesimo attentato incendiario in città. All’assemblea non si presenta quasi nessuno. Pochi cittadini, nessun commerciante o imprenditore tra loro, e viene eletto un presidente, Michele Lusseri, che di lì a poco aprirà una sala scommesse, non proprio il simbolo dell’economia virtuosa…
Ad esempio l’associazione si è costituita parte civile al processo “Aemilia” sulla ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Il primo step del processo, quello con il rito abbreviato scelto da alcuni imputati, si è concluso con l’ammissione di parte civile per l’associazione marsalese e il riconoscimento di un “ristoro” di 20 mila euro. Più il pagamento delle spese legali: 7 mila euro per il legale di fiducia dell’associazione, ossia lo stesso Peppe Gandolfo. Quali sono state le attività sul territorio emiliano tali da giustificare la costituzione di parte civile, e quali sono stati i danni provocati all’associazione dalle ‘ndrine?
La Procura di Palermo di recente ha aperto un’inchiesta sull’associazione. L’indagine della guardia di finanza nasce a seguito di alcuni articoli di Tp24.it che avevano sollevato dubbi sulla legittimità dell’operato dell’associazione e avevano portato anche Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, a fare una formale diffida all’associazione per cambiare nome: «Diffido l’associazione antimafia e antiracket di Marsala, che sembra particolarmente impegnata sul fronte delle costituzioni di parte civile nei processi contro la criminalità organizzata, ad utilizzare il nome di mio padre Paolo Borsellino». Sono stati acquisiti i verbali dell’associazione, interrogate già diverse persone, e la Finanza sta passando al setaccio i bilanci degli ultimi anni. Si cerca di mettere in chiaro il bilancio dell’associazione. Per citare un esempio, solo nel 2013, per “compensi professionali”, l’Associazione ha speso più di 23.000 euro.
Nel frattempo l’associazione ha cambiato nome e adesso si chiama “La verità vive”. Decine di articoli, di denunce, un’inchiesta aperta dalla Procura di Palermo, sembrano non avere scalfito di un nonnulla l’associazione di Gandolfo, come dimostra il verbale dell’ultima assemblea straordinaria.
Il 17 Febbraio scorso, infatti, l’associazione si è riunita per procedere al cambio del nome. La convocazione dell’assemblea straordinaria per modificare lo statuto è stata anche l’occasione, però, per ritoccare alcune cosette. Il tutto in appena venti minuti.
Il nuovo nome è “La verità vive”. E’ la frase che è scritta nella lapide di Rita Atria, come dicevamo, al cimitero di Partanna. Rispetto a Paolo Borsellino, è difficile fare cattive figure, anche perché la presidente onoraria dell’Associazione è Piera Aiello, cognata di Rita Atria.
Ma le sorprese non finiscono qui. Perchè l’associazione ha fatto una convenzione con un’altra associazione il “Movimento per la Difesa del Cittadino”. Cos’è? Un’altra associazione che ha sede legale nello studio dell’avvocato Giuseppe Gandolfo….
Ma c’è di più. Una delle cose che ha destato più scandalo a livello nazionale su questa associazione è la presenza, nello statuto, di sedi fittizie in gran parte d’Italia. Lo scopo è chiaro: se io dichiaro di avere una sede a Bologna, magari perché mi appoggio a casa di un amico, poi posso chiedere di essere ammesso parte civile nel processo contro la ‘ndrangheta in Emilia. E’ già accaduto. E L’associazione (e il suo avvocato) hanno ottenuto risarcimenti danni (e relative parcelle), partecipando a quel processo il minimo essenziale. Il colpo non è riuscito con il processo su Mafia Capitale. Lì l’associazione di Gandolfo è stata esclusa. Così come nel processo sulla Trattativa Stato – mafia. Ma l’associazione ha chiesto di essere ammessa parte civile nel processo a Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992 che si tiene a Caltanissetta. E in questo caso non solo non c’è un nesso di causalità, ma i fatti sono antecedenti alla data di fondazione dell’Associazione. Ha chiesto anche di essere ammessa, giusto per dire, ad un processo, “Gotha 6” che si tiene a Barcellona Pozzo di Gotto: un processo che cerca di fare luce su diciassette omicidi avvenuti nel contesto della mafia barcellonese tra il 1991 e il 2003. In questo caso non c’è nemmeno l’imputazione associativa…
E insomma, il gioco continua. E nel nuovo statuto modificato sono previste sedi “secondarie/amministrative/