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Antiracket come paravento. Il sequestro da record a Marineo e l'antimafia delle etichette facili

Antiracket, si. Ma come paravento. Per fare affari con la mafia, inneggiando all’antimafia. E’ un’altra storia che demolisce certa antimafia dalle etichette facili, quella del sequestro da record a Marineo alla famiglia Virga: un miliardo e 600 milioni.  Gaetano Virga, uno dei familiari, nel 2010 fece arrestare cinque estorsori, ma, secondo l’accusa, facevano affari grazie ai clan.

LA FAMIGLIA VIRGA. Negli anni Ottanta la famiglia Virga di Marineo , era composta da braccianti agricoli, allevatori e casalinghe. Dopo 35 anni, secondo quanto ricostruito dagli uomini della Dia, grazie ai rapporti con la cosca di Totò Riina e Bernardo Provenzano, i Virga hanno accumulato un fortuna.  “Un patrimonio ingiustificabile, se non grazie all’aiuto della mafia” dicono oggi gli investigatori. Un impero fatto di 33 aziende prevalentemente nel settore calcestruzzi, 700 tra case, ville e immobili, 80 rapporti bancari, 40 assicurativi e oltre 40 mezzi. Il patrimonio colpito dalla misura di prevenzione è intestato ai fratelli Carmelo Virga 66 anni, Vincenzo 78 anni, Anna 76 anni, Francesco 71 anni e Rosa 68 anni.

LE DENUNCE DI  GAETANO VIRGA.  Gaetano Virga, imprenditore del settore calcestruzzi la cui azienda ha sede a Marineo, qualche tempo fa aveva presentato numerose denunce contro il racket delle estorsioni consentendo di arrestare cinque uomini considerati esattori del pizzo ed elementi di spicco della mafia di Misilmeri. L’operazione dei carabinieri – nel corso della quale sono stati oggetto d’indagine Francesco Lo Gerfo ritenuto il capomafia di Misilmeri, e Stefano Polizzi, presunto estorsore sul quale si sono concentrate le testimonianze – aveva condotto pure allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Misilmeri. Nel 2010, tra maggio e novembre, Polizzi avrebbe chiesto il pizzo proprio al cantiere edile di Virga minacciandolo. «Ricordati che hai dei figli, mi hanno detto», aveva raccontato Virga agli investigatori. «Quando Polizzi è venuto nei nostri uffici – aveva aggiunto – ha affrontato mio zio molto animatamente. Li ho visti discutere da una finestra all’interno della nostra azienda a Marineo. Nella zona tutti sapevano quello che faceva Polizzi. Mio zio l’ha mandato via dicendogli che non avrebbe avuto un centesimo, ma si è ripresentato successivamente». Virga da quel momento era diventato un simbolo dell’ antiracket che aveva avuto il sostegno delle associazioni Addiopizzo e Libero Futuro. E l’operazione antimafia che è nata anche dalle sue denunce, “Sisma”, ha avuto una vasta eco nella stampa.

OGGI. Oggi le indagini economico-patrimoniali, effettuate dagli investigatori della Dia, «hanno rilevato come i Virga abbiano beneficiato del determinante appoggio di Cosa nostra per l’aggiudicazione di lavori e di appalti pubblici nel settore dell’edilizia». Infatti, gli stessi, ritenuti collegati alla “famiglia” mafiosa di Marineo, “vicina” al “mandamento” di Corleone, sarebbero riusciti, nel tempo a sviluppare e a imporre il loro «Gruppo Imprenditoriale» anche attraverso il cosiddetto «metodo Siino», consistente nell’organizzazione di «cartelli» tra imprenditori, per l’aggiudicazione «pilotata» degli appalti pubblici. Il maxisequestro ha riguardato trust, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e imprese.

LA “DAZIONE”. Il capocentro Dia di Palermo, colonnello Riccardo Sciuto, ha detto che «Gaetano Virga con il padre Carmelo, le menti della famiglia, aveva pensato di avvicinarsi alle associazioni antiracket per cercare di “ripulirsi” dopo essere stati indagati. Ci sono alcune attività tecniche che hanno segnalato la scelta precisa di avvicinarsi all’antiracket anche con denunce nei confronti di presunti esattori. Le indagini stanno dimostrando che più che una estorsione era una dazione quella che i Virga versavano alla famiglia di Misilmeri».

ADDIOPIZZO. Addiopizzo fa sapere in una nota stampa: «Da anni Addiopizzo aveva ritenuto non opportuno includere nella rete di consumo critico antiracket le società oggetto d’indagine. Tale scelta è stata compiuta in tempi non sospetti e nonostante gli operatori economici avessero sporto delle denunce per degli episodi estorsivi. Per alcuni di questi, successivamente accertati con condanne nei confronti di esponenti mafiosi, è stata data, tramite Libero Futuro, assistenza processuale. Nulla di più è stato fatto e soprattutto il protocollo di trattamento impiegato e seguito in stretto raccordo con organi investigativi e autorità giudiziaria non ha mai visto pubblicizzare tali storie, né tantomeno agli occhi dell’opinione pubblica, come simboli dell’antiracket o modelli di denuncia». La Fai, Federazione Antiracket Italiana, ha preciato «che l’imprenditore oggetto di sequestro non fa parte di alcuna associazione antiracket aderente al movimento della Federazione Antiracket Italiana». Anche se nelle occasioni pubbliche in cui Libero Futuro, ad esempio, organizzava delle manifestazioni i Virga erano, ovviamente in prima fila.

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