Come la chiamerà? Dalilandia? Dalingrado? Dalipoli? Se una città nuova ci deve essere, al posto di Trapani, è giusto che cambi il suo nome, e che magari prenda quello del fondatore: e insomma, un giorno magari leggeremo nei libri di storia locale, che fu il Sindaco di Trapani Antonio D’Alì, eletto nel 2017, a fondare la nuova città nata dall’unione di Trapani – Erice – Paceco – Valderice.
Perchè di questo si tratta: Antonio D’Alì, il senatore di Forza Italia intimissimo con Silvio Berlusconi, si candida a Sindaco di Trapani. E lo fa con questo obiettivo: quello della Grande città. “Verrebbe una città da 120.000 abitanti, riunendo Trapani e i Comuni del suo hinterland – spiega il senatore – e si potrebbe mettere fine al caos amministrativo generato dagli incerti confini tra i Comuni attuali, e avere più voce in capitolo per una comunità spogliata dalla Camera di Commercio, dall’Autorità Portuale e presto anche dall’Aeroporto”. A Trapani c’è un problema, in effetti, grosso così con i confini. Perchè la città si interseca con le altre, con un grande caos amministrativo soprattutto con Erice, con alcune vie che sono da un lato di un Comune, e dall’altro lato del marciapiede di un altro Comune, cambiando radicalmente tutto per i cittadini in merito di tasse, servizi (per esempio la raccolta differenziata, a Trapani quasi inesistente, molto sviluppata nei Comuni vicini), procedure amministrative. Basterebbe rivedere i confini, ovvio. Ma una volta che si mette mano all’evidenziatore, perché non rilanciare con la Grande Città?
La candidatura di Antonio D’Alì a Sindaco di Trapani per le prossime elezioni amministrative è una cosa che fa notizia. Per tanti motivi: primo, perché si tratta dell’esponente di una delle più importanti famiglie di banchieri e proprietari terrieri del trapanese. Secondo: per questa idea della Grande Città, che D’Alì accarezza da sempre. Terzo: perché D’Alì sfida il suo ex amico, Mimmo Fazio, deputato regionale, per dieci anni Sindaco di Trapani e adesso di nuovo candidato. Prima l’asse D’Alì – Fazio era quella che decideva tutto, a Trapani. Poi si sono spaccati. Voleranno stracci, dicono i bene informati. I due, tra l’altro, ne hanno combinate tante insieme, l’ultima fu quella di fare eleggere Sindaco a Trapani nel 2012, lo sconosciutissimo e generalissimo dei carabinieri Vito Damiano. Il quale ha fatto, in verità, più l’uomo d’ordine che il Sindaco. E i due lo rinnegarono subito dopo, rendendogli la vita impossibile. Damiano ha fatto cinque anni, travagliati, nel quale ha resistito ad attacchi quotidiani, mozioni di sfiducia. Non vede l’ora di farla finita, e di andarsene via da Trapani, dove è stato un uomo molto solo al comando.
D’Alì è uno che ci tiene a vincere (ma chi non ci tiene…) ed è per questo che le proverà tutte, per arrivare a diventare Sindaco di Trapani. Una mossa a sorpresa già l’ha ottenuta. Lui, l’araldo di Forza Italia, ha ottenuto l’appoggio del Psi. Il partito di Nencini ha poco tempo fa celebrato un congresso dall’ironico titolo “La sinistra che vorrei”. Il maggiorente locale del partito, Nino Oddo, deputato all’Ars per grazia di listino, negli anni ha costruito un piccolo feudo sotto le insegne socialiste, e ne fa un po’ quello che vuole. Così a Trapani ha portato i socialisti ad abbracciare il banchiere D’Alì. Cose che solo a Trapani. Perché lo ha fatto? Per vincere, ovvio (e chi non ci tiene) e, dice lui per “sposare il progetto della Grande Città, oltre le barriere ideologiche”. Nella stessa alleanza c’è la destra e il movimento di Salvini. Ma in nome della Grande Città si può questo e altro. E in nome dello scambio di favori. Perché Oddo appoggia il senatore D’Alì a Trapani, in cambio dell’appoggio di Forza Italia ad Erice, dove il Psi ha un proprio candidato, il medico Luigi Nacci, per contrastare il candidato del Pd, Daniela Toscano. A Castelvetrano, trenta chilometri di distanza, invece Psi e Pd sono alleati.
Il dibattito sulla Grande Città serve a tutti per tenere il pallino in campagna elettorale, e per evitare l’argomento più spinoso: Antonio D’Alì è fresco di assoluzione in un processo che lo vedeva imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Assoluzione ottenuta anche in appello, con la Procura generale che prepara il ricorso in Cassazione. Il processo a D’Alì, in verità, non si doveva neanche tenere, talmente labili erano le prove del suo ipotetico sostegno a Cosa nostra. Vero è che, comunque, D’Alì dal processo ne è uscito bene, ma non benissimo. Perché in entrambi i gradi di giudizio è stato ritenuto provato il suo sostegno a Cosa nostra, almeno fino al 1994, “con coscienza e volontà”, per citare un’espressione contenuta nelle motivazioni della sentenza d’appello (in riferimento ad un terreno di proprietà dei D’Alì e ceduto, tramite un prestanome, a Totò Riina) che ricorda anche come la prima candidatura di D’Alì, proprio nel 1994, anno della discesa in campo di Berlusconi, sia stata sostenuta dalla mafia trapanese. Poi, per i giudici, dopo quella data, non risultano provati aiuti concreti di D’Alì all’organizzazione mafiosa. E tutti tiriamo un sospiro di sollievo.
Adesso la candidatura, con una campagna elettorale che sarà molto lunga, si vota l’11 Giugno, e molto dura. Si scontrano D’Alì e Fazio. I Cinque Stelle sono ben organizzati e tentano il colpaccio. Il Pd ha pure lui un candidato, Piero Savona, ma ha un pezzo di partito che va dietro D’Alì e un altro dietro Fazio. Al di là di come andrà, sarà un giorno Trapani Grande città o meno, ma attualmente è sicuramente grande la confusione, e grandi, per qualcuno, sicuramente, le delusioni.