Si può fare Banca in un modo diverso mettendo al centro delle attività le persone e come riferimenti imprescindibili i principi della trasparenza, della partecipazione, dell’equità e della sobrietà? Si può dare concretezza a questi termini con delle pratiche concrete da realizzare sul territorio? Queste le scommesse che Banca Etica dichiara di volere fare anche a Palermo dove, oltre a mostrare un’attenzione particolare alle realtà economiche significative sul piano della responsabilità etica e socio-ambientale – come, per esempio, le cooperative agricole attive sui terreni confiscati alla mafia, – desidera aprire un confronto diretto con la città. Detto confronto riguarda la cittadinanza e i soci di Banca Etica, organizzati per statuto in circoscrizioni territoriali e determinanti per decidere gli indirizzi e le strategie della Banca attraverso un’opera di collegamento con la società e con la partecipazione, con la regola-madre di tutte le realtà solidali di base di “ogni testa un voto” con la quale si eleggono tutte le cariche della Banca, comprese quelle di vertice. Nel contesto territoriale la Filiale di Palermo ha voluto valorizzare il proprio Coordinamento dei soci che in modo collegato, ma autonomo promuove tutte le iniziative utili per rinsaldare un rapporto virtuoso sul piano socio-economico tra Banca Etica e il territorio. Va in questo senso il programma culturale che significativamente è stato chiamato Bancaperta perché, in modo inusuale per una Banca, la Filiale di Palermo si apre, oltre la clientela, per alcuni pomeriggi alla città offrendo un programma di cultura e convivialità con confronti tra esperti e persone comuni su temi come il racket e l’usura, la tutela dei diritti dei minori, i meccanismi devastanti di una finanza degli speculatori, e alcune pratiche positive come il commercio equo e solidale.
Il 6 maggio si è svolto un confronto titolato eloquentemente “Il punto su…” per affrontare i temi delicati e complessi dell’usura e del racket, in una logica di workshop al quale hanno preso parte, tra gli altri, diversi esperti, dai tecnici del diritto e del credito, ai rappresentanti dell’associazionismo e dell’imprenditoria. Il confronto è stato attraversato da tre parole-chiave: testo – pretesto – contesto. Richiamando il testo, si alludeva ad una recente pubblicazione della Cooperativa sociale antiusura e antiracket Solidaria , curata da Salvatore Cernigliaro, dal titolo “Contrappunto in tempo di crisi. Inchiesta a più voci su Racket e Usura” considerata un pretesto per un confronto sui fenomeni, franco e fuori dal conformismo di maniera, talvolta presente anche in iniziative socio-culturali potenzialmente meritorie. A fronte di alcuni esempi di lavoro meritorio di istituzioni ed associazioni sono emersi dal confronto i limiti normativi, soprattutto in tema di usura, perché è stato evidenziato si tende più a combattere l’usuraio che l’usura. La provocazione dialettica voleva evidenziare l’inefficacia e la parzialità di un intervento che arriva in una fase in cui spesso il dramma é compiuto senza riuscire a rimuovere le cause complesse dell’insorgenza del fenomeno che riguardano anche l’inadeguatezza di un sistema del credito molto rigido e poco adattabile alla fisiologia di certe crisi di liquidità. Analogo discorso è emerso per il racket dato che, nonostante i notevoli successi riportati, non si riesce ad attivare un contesto di sviluppo equilibrato e di qualità innovativa, con adeguati dispositivi di sicurezza sul territorio.
In questo senso, a fronte di percorsi virtuosi sul piano socio-economico, come quelli relativi al buon utilizzo dei beni confiscati alla mafia, si rilevano notevoli criticità gestionali. Anche in questo campo complesso si evidenziava l’esigenza di uno sviluppo innovativo che possa coniugare comportamenti eticamente responsabili con una redditività d’impresa determinata da innovazione. Sicuramente vasto, complesso e perfino intrigante, il dibattito, ma, in ogni caso, un pomeriggio…diverso, in una Banca che vuole essere…diversa.