Arriva con l’inizio della stagione estiva l’ultima “minaccia” di Ryanair al territorio trapanese.
La compagnia aerea low cost batte cassa e chiede che vengano versate le quote dell’accordo di co-marketing, altrimenti potrà pensare di tagliare drasticamente i voli o addirittura lasciare l’aeroporto di Trapani Birgi. La “minaccia” è arrivata nei giorni scorsi con una lettera di fuoco in inglese dai vertici della compagnia irlandese. Il presidente della Camera di Commercio, Pino Pace, sarebbe sul punto di abbandonare il ruolo di cabina di regia che ha avuto in questi mesi se i comuni non dovessero rispettare gli accordi.
Il contratto di co-marketing con l’Ams, la società che per conto della Ryanair si occupa del marketing pubblicitario, ma che serve sostanzialemente a prendere soldi per garantire le tratte, è di circa 5 milioni di euro l’anno. Secondo l’accordo i Comuni devono versare ogni anno 2,2 milioni di euro, divisi in diverse quote. Ma, come è emerso nella riunione, i contratti firmati con l’Ams non sarebbero comprensivi di Iva. Quindi agli importi bisognerebbe aggiungere il 22%. E questa cosa ha spiazzato un po’ tutti. La Camera di Commercio e i Comuni di Trapani e Marsala, hanno la quota più grossa, 300 mila euro a testa l’anno.
Ma mentre per il 2014 sono state versate quasi tutte le quote, per il 2015 non è stato versato ancora un granchè.La prima tranche è stata versata solo dalla Camera di Commercio, i comuni di Alcamo, Salemi, Partanna ed Erice, mentre Buseto e Custonaci hanno predisposto i mandati.L’ultimatum di Pino Pace è questo: se entro il 30 giugno i Comuni non versano la prima tranche lascio la cabina di regia. Tutto questo rischia di far saltare l’accordo, con la Ryanair che ha minacciato di ridurre il flusso dei voli del 40% se il territori non dovessero rispettare gli accordi.
L’ultimatum di Ryanair e Pino Pace mette fuoco ai Comuni che sono costretti ad agire in dodicesimi per assicurare la permanenza della compagnia a Birgi. C’è da pagare e sorridere, anche se si tratterà di un sorriso amaro. Come quello del sindaco di Trapani Vito Damiano che da mesi va dicendo che preferirebbe un ruolo più concreto dei Comuni nelle scelte decisionali dell’Airgest. All’ultima riunione c’era anche Alberto Di Girolamo, nuovo sindaco di Marsala, che ha fatto intendere, come Damiano, che a giorni predisporrà il mandato di pagamento. Per, i pagamenti, appunto, i Comuni non si tirano indietro, ma vorrebbero essere più presenti nelle decisioni sullo sviluppo dell’aeroporto. Ad esempio sono rimasti spiazzati dalla spartizione dei 5 milioni di euro arrivati come ristoro dei danni provocati dalla guerra in Libia del 2011, quando il Vincenzo Florio rimase chiuso ai voli civili. Il 75% dei soldi sono andati all’Airgest, il 25% ai 24 comuni. Poca roba, ci si aspettava una divisione fifty-fifty, e che quei soldi venissero impiegati per pagare la Ryanair. Niente di tutto questo, alla fine è stata l’Airgest a prendere la fetta grossa.
Intanto nei giorni scorsi il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha risposto alla interrogazione presentata dalla senatrice Pamela Orrù sulla esercitazione militare della Nato “Trident Juncture 2015” che si si terrà dal 21 ottobre al 6 novembre nella base del 37° Storno dell’Aeronautica militare di Trapani-Birgi. Nel suo atto ispettivo la parlamentare siciliana ha chiamato in causa i gravi danni subiti nel 2011 dall’aeroporto “Vincenzo Florio” durante il conflitto libico, chiedendo di sapere se il “Ministro abbia accertato che l’esercitazione non influirà sul traffico civile” dello scalo trapanese. Un’ipotesi esclusa dal Governo. “I decolli – ha fatto sapere il ministro della Difesa – avverranno in modo scaglionato, senza interferire in maniera significativa con il traffico aereo locale, peraltro, in una stagione dell’anno che registra bassa affluenza turistica. L’attività di volo si svolgerà, principalmente, nelle aree del mare Tirreno meridionale, limitando l’impegno dello spazio aereo attestato sull’aeroporto di Trapani ai soli decolli e atterraggi. Il recente impiego della base durante la crisi libica – e la conseguente intensità di attività aerea – non è lontanamente paragonabili all’impiego previsto per lo svolgimento dell’esercitazione, trattandosi di un utilizzo limitato nel tempo che, tra l’altro, riguarda solo il decollo e l’atterraggio”, ha assicurato il ministro Pinotti, che ha evidenziato come la decisione relativa alla scelta di Trapani-Birgi risalga esclusivamente “ad una pianificazione tecnica (Stato Maggiore della Difesa), operativa e logistica, della quale il Ministro della Difesa viene, ovviamente, informato, come da prassi”, ha spiegato la rappresentante del Governo Renzi.
Riguardo gli aspetti legati alla sicurezza ed ai rischi dell’esercitazione per il territorio e la popolazione trapanese, per cui la senatrice Orrù nella sua interrogazione ha chiesto precise rassicurazioni, il ministro Pinotti ha assicurato l’insussistenza “di qualunque rischio”, rimarcando come “tutte le attività addestrative ed esercitative pianificate, programmate e autorizzate” siano “regolate dalle direttive inerenti la sicurezza del volo, in ossequio delle norme vigenti in materia, il cui rispetto è garantito da un rigido controllo da parte degli organi preposti, allo scopo di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre che la tutela ambientale del territorio”, si legge nella risposta all’atto ispettivo.
“La Nato, nell’ambito delle attività preparatorie di ogni esercitazione e, ovviamente, anche di quelle complesse a livello multinazionale, pone la massima attenzione – continua la nota – nel definire ogni aspetto relativo alla sicurezza delle operazioni e dei voli, in ottemperanza a quanto previsto da fonti normative di diritto internazionale e nazionale attualmente in essere.
Il ministro Pinotti ha infine tenuto ad evidenziare come nel periodo dell’esercitazione sia “prevista la presenza nei territori di Trapani e Marsala di circa 1000 militari italiani e di altri militari provenienti da diversi paesi della Nato, con positive ricadute per l’indotto economico dell’area”.