Sedici giorni: dall’8 al 24 ottobre del 2012, con l’atto finale, cioè l’approvazione delle linee strategiche 2012-2014 a firma del Cda dell’Irfis-FinSicilia, consumato appena quattro giorni prima delle elezioni regionali. È questo l’arco temporale su cui si stanno concentrando le indagini della Procura della Corte dei Conti per accertare le presunte irregolarità commesse dal management dell’ex Istituto per il mediocredito, trasformato in finanziaria dopo che la Regione ne ha preso il totale controllo rilevando le quota dall’ex socio privato Banco di Sicilia. Il punto di partenza dei magistrati è l’esposto trasmesso alla Procura all’inizio dello scorso novembre dall’ex assessore all’Economia, Gaetano Armao che oltre a segnalare quelle che reputa irregolarità e illegittimità rispetto a norme specifiche, ricostruisce i passaggi della vicenda, con tanto di date, sostenendo che le linee strategiche siano state deliberate, prima dall’Assemblea dei soci e poi dal Cda, senza il via libera della giunta regionale e senza avere risposto ai chiarimenti richiesti dalla Ragioneria generale della Regione. Nel documento, inviato anche all’Autorità di vigilanza per gli appalti e alla Banca d’Italia, Armao denuncia innanzitutto una «distrazione di somme» del bilancio della Regione «allocate in sottoconti presso il tesoriere della Regione (Banco di Sicilia Spa-Gruppo Unicredit), affidate per legge in gestione separata ad Irfis-FinSicilia Spa e conseguente indebita acquisizione al patrimonio della stessa società». I fondi, secondo Armao «sono stati successivamente affidati a non identificati istituti di credito, senza alcuna comunicazione all’amministrazione regionale». La «distrazione» delle somme risale allo scorso agosto e sarebbe avvenuta «mediante semplici operazioni bancarie e senza che in merito sia intervenuta alcuna autorizzazione da parte della Regione, nè informativa in merito». L’operazione di messa a patrimonio dei fondi sarebbe stata portata a termine dall’Irfis in tempi rapidi con l’obiettivo di concluderla prima della fine del mandato del precedente governo e le procedure avrebbero condizionato l’Assemblea dei soci, convocata per deliberare sulle linee strategiche 2012-2014. Il piano fu approvato dal Cda dell’Irfis l’8 ottobre 2012, ma l’assessore all’Economia, ne apprese i contenuti quattro giorni dopo durante una riunione di giunta chiedendo degli approfondimenti. Secondo Armao «le linee guida sostanzialmente delineano uno schematico piano industriale di sviluppo della società in contrasto con la legge, le direttive dell’assessorato per l’economia, i principi generali di organizzazione delle finanziarie regionali, disegnando una sorta di protobanca con l’utilizzazione dei fondi a gestione separata (di pertinenza regionale) per le incentivazioni alle imprese in fondi (divenuti propri a seguito delle iniziative che si contestano agli amministratori) per investimenti in operazioni di rischio». Al management vengono contestate per «incompatibilità con l’ordinamento giuridico» l’acquisizione di Sviluppo Italia Sicilia Spa e l’incameramento al patrimonio della società del fondo della legge 60 del 1 febbraio 1965 in favore delle piccole e medie imprese per la realizzazione di impianti industriali nel quadro delle misure per l’intervento straordinario per il Mezzogiorno con una consistenza di oltre 83 milioni di euro. «Si tratta di un’iniziativa che Irfis-FinSicilia intende perseguire con le stesse modalità acquisitorie con le quali ha incamerato oltre 100 milioni del fondo unico la cui titolarità giuridica era della Regione», si legge nell’esposto. L’operazione di patrimonializzazione dei fondi regionali da parte di Irfis-FinSicilia, secondo Armao, mette a rischio la tenuta dei conti della Regione e soprattutto potrebbe compromettere il patto di stabilità, venendo a mancare dal bilancio 183 milioni di euro.
Dal gds