Si riapre il dibattimento per il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa dall’Italia, insieme alla figlia Alua di 6 anni, nel 2013, secondo l’accusa in modo irregolare. La Corte d’Appello di Perugia, dopo tre ore di camera di consiglio, ha accolto, in parte, la richiesta delle difese di sentire come testimoni l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il pm Eugenio Albamonte e l’allora procuratore aggiunto Nello Rossi.
Il collegio, presieduto dal giudice Paolo Micheli, ha ritenuto che le risposte alle interrogazioni parlamentari sulla vicenda Shalabayeva siano “non indispensabili”, poiché “si tratta di valutazioni già espresse in sede ispettiva – ha spiegato il giudice Micheli – e quindi già agli atti”. Non accolta la richiesta di una difesa di sentire come testimone l’ex magistrato Luca Palamara in relazione ad alcune affermazioni presenti nel suo libro. Si torna in aula per sentire i testimoni il 4 aprile.
Il Tribunale di Perugia, in primo grado, aveva condannato a cinque anni di reclusione Renato Cortese, all’epoca dei fatti capo della squadra mobile di Roma, Maurizio Improta, ex capo dell’Ufficio immigrazione, i funzionari della squadra mobile romana Luca Armeni e Francesco Stampacchia, mentre la condanna per i funzionari dell’Ufficio immigrazione Vincenzo Tramma e Stefano Leoni, era stata rispettivamente di 4 anni e tre anni e mezzo. Due anni e sei mesi la condanna per l’allora giudice di pace Stefania Lavore. Gli imputati, ad eccezione del giudice di pace, erano stati condannati anche il reato di sequestro di persona.