I militari del Nucleo Pef della Gdf di Trapani hanno proceduto all’esecuzione di un Decreto di sequestro emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani nei confronti di Vincenzo La Cascia di Castelvetrano, cl. 48 nonché dei componenti del suo nucleo familiare.
Il sequestro ha interessato beni aziendali relativi all’impresa agricola condotta dalla moglie del proposto,
costituiti in prevalenza da fondi rustici coltivati ad uliveti in agro di Castelvetrano, Contrada Latomie, il cui
valore è complessivamente quantificabile in circa 300.000,00 euro.
L’esecuzione di tale provvedimento ablativo rappresenta l’esito di approfonditi accertamenti patrimoniali
condotti dal personale del Nucleo di Polizia Economica Finanziaria di Trapani sul conto del medesimo Vincenzo La Cascia che hanno consentito di accertarne una sproporzione tra esistenti tra il c.d. “patrimonio
disponibile” e il correlato profilo economico/finanziario.
Vincenzo La Cascia ha avuto un ruolo di primo piano nella direzione della famiglia mafiosa di Campobello di
Mazara tale da determinare, nel maggio del 2018, l’emissione nei suoi confronti di ordinanza di custodia
cautelare in carcere all’esito dell’operazione di polizia cd. “Anno Zero” coordinata dalla Procura Distrettuale di
Palermo.
I presupposti soggettivi della misura di prevenzione patrimoniali oggi eseguita dalle Fiamme Gialle trapanesi
sono però molto più risalenti nel tempo, in quanto dedotti in primis dalla avvenuta condanna in via definitiva di
Vincenzo La Cascia per il reato di cui all’art.416 bis c.p. risalente al 2002, la quale accertò l’organicità di quest’ultimo a
tale famiglia mafiosa già a partire dal 1998 e determinò nei suoi confronti l’ascrizione di numerosi reati-fine
commessi nell’interesse di tale consorteria criminale, quali estorsione continuata, danneggiamenti e incendi
dolosi.
Il ruolo di “campiere” ricoperto in passato da Vincenzo La Cascia per conto della famiglia Messina Denaro
nell’agro di Contrada Zangara a Castelvetrano ed risalenti contatti avuti da quest’ultimo con lo stesso Matteo
Messina Denaro sia nel periodo anteriore alla sua latitanza che in epoca successiva hanno consentito di
poterlo giudiziariamente annettere nella ristretta cerchia degli uomini di fiducia del superlatitante, avendo il
medesimo favorito pure la latitanza di altri membri del mandamento mafioso di Castelvetrano.
Proprio in tale delicatissimo periodo storico Vincenzo La Cascia si era adoperato per diramare ai membri della
consorteria mafiosa gli ordini impartiti da Matteo Messina Denaro, di cui all’epoca era portavoce il fratello
Salvatore, nonché nell’assicurare al mandamento mafioso il procacciamento e la custodia di armi e
munizionamento idonei a mantenerne la tutela degli interessi sul territorio.
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