Sedici ettari di terreno in territorio di Castelvetrano, nel trapanese – località Inchiusa Petrulla – sequestrati e adesso confiscati agli imprenditori Cascio, regolarmente coltivati da una cooperativa sociale durante il periodo del sequestro, adesso sono in pieno abbandono.
Durante il sequestro ad occuparsi dei terreni recuperandoli da uno stato pregresso di abbandono, nello specifico 7,36 ettari di vigneto (inzolia, nero d’avola e sirah) e 8,33 uliveto (nocellara), è stata una cooperativa sociale che li ha regolarmente coltivati, nel rispetto della coltura biologica garantendone sia il presidio che la continuità produttiva assicurando nel 2016, dal punto di vista occupazionale, più di 365 giornate lavorative.
“Il comodato d’uso concesso alla cooperativa durante il sequestro è scaduto nel momento in cui la confisca è diventata definitiva. Di conseguenza la cooperativa è stata costretta a lasciare i beni, nonostante la disponibilità espressa sia al Comune che all’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati di una prosecuzione temporanea della gestione, nelle more dell’assegnazione secondo la normativa vigente al fine di salvaguardare la tutela del bene e l’annata agraria”, si legge in una nota di Libera Trapani.
“Paradossalmente nel momento in cui il bene è giunto a confisca definitiva, e quindi si sarebbe dovuto procedere alla pronta assegnazione a fini sociali, è invece accaduto tutt’altro, e cioè il grave abbandono di questi terreni esponendoli al rischio di vandalizzazioni e danneggiamenti – dice Libera – E quindi un valore in termini sociali e occupazionali rischia di perdersi, nei corridoi della farraginosa burocrazia, a danno esclusivamente dell’interesse collettivo. Pur condividendo la necessità che tutte le procedure formali siano espletate correttamente, è interesse collettivo trovare le modalità affinché i beni confiscati durante i tempi necessari a maturare tali passaggi non ricadano in stato di abbandono recando un danno sostanziale sia materiale sia in termini di credibilità da parte delle istituzioni”.
“Inoltre ci preme sottolineare il valore simbolico e sostanziale di immagine/presenza dello Stato che è alla base dei progetti di riutilizzo sociale dei beni confiscati, spesso ancora oggi oggetto di intimidazioni. Siamo fermamente convinti che, a più di vent’anni dall’approvazione della legge 109 del 1996, l’interesse comune di istituzioni e società civile debba essere quello di non dare segnali negativi alla comunità, bensì quello di rendere efficace il riuso sociale dei beni confiscati dimostrando che possono rappresentare, se gestiti con professionalità e impegno, reale volano per lo sviluppo economico e sociale del territorio in cui ricadono”.
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