Un anno fa, nella notte tra l’11 e il 12 Febbraio 2015, moriva a Catania la piccola Nicole, la neonata bisognosa di cure e per la quale non si riuscì a trovare un posto, in una vicenda che ha toccato il punto più basso e vergognoso nelle storie di malasanità in Sicilia.
LA STORIA. Gioia e subito dopo il dolore più grande per i genitori della piccola Nicole Di Pietro, mamma Tania e papà Andrea, che hanno visto spegnersi la loro bambina appena nata la notte tra l’11 e il 12 febbraio 2015. Il dramma è cominciato un attimo dopo il parto, la bambina non riusciva a respirare. Si è pensato subito all’ipotesi che la piccola avesse aspirato liquido amniotico. La clinica in cui Nicole è nata non è però dotata di un’unità di emergenza e di rianimazione e non ha le cannule per aspirare il liquido. Scatta l’emergenza, la piccola viene stabilizzata ma bisogna ricoverarla in un’Unità di terapia intensiva neonatale. A Catania però non c’è posto. Il pediatra Antonio Di Pasquale decide il trasferimento della piccola e iniziano le chiamate al 118. La prima intorno all’1.37. La risposta sarà sempre la stessa: «Non ci sono posti». Fino a quando a distanza di un’ora dalla prima telefonata da Ragusa dicono: «Si c’è un posto, l’ultimo». Siamo ad oltre 100 chilometri di distanza: la stima di percorrenza per l’ambulanza è più di un’ora e mezza. Inizia la corsa. Sull’ambulanza salgono anche i medici della clinica dov’è nata la bimba. Sono le 3.48 quando il neonatologo dall’ambulanza chiama il 118: «Il neonato da trasferimento, perché non abbiamo trovato posto a Catania, è deceduto…». Operatore 118: «Mi dica… quindi devo disdire il posto a Ragusa? Oppure…». Medico clinica: «Stiamo andando a Ragusa». Operatore 118: «Mi faccia capire… lei adesso sta portando un neonato deceduto a Ragusa?». Le reazioni dal mondo della politica e delle istituzioni. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin così commenta: «Profondo sdegno per questa morte, una vicenda che lascia sgomenti». E invia in Sicilia ispettori per far luce sulla morte della neonata. In una telefonata al governatore della Sicilia Rosario Crocetta, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si dice invece «incredulo» per quanto accaduto.
LE INDAGINI. Alla ginecologa Maria Ausilia Palermo, al neonatologo Antonio Di Pasquale e all’anestesista Giovanni Gibiino, è contestato l’omicidio colposo per «aver cagionato, con condotte gravemente colpose, attive ed omissive, il decesso della neonata». «Da un lato, nella fase precedente al parto – sostiene la Procura di Catania – la ginecologa non avrebbe proseguito il doveroso e accurato monitoraggio del feto durante il travaglio che avrebbe consentito di prevenire la sofferenza fetale poi verificatasi ricorrendo ad un parto cesareo d’urgenza; dall’altro lato, dopo la nascita di Nicole Di Pietro, il neonatologo e l’anestesista avrebbero eseguito manovre rianimatorie inadeguate, aggravando così la sofferenza respiratoria della neonata fino al suo decesso avvenuto per arresto irreversibile delle funzioni vitali consecutivo a grave sofferenza acuta fetale». Ai tre medici è contestato anche il reato di falso ideologico: «False attestazioni nella cartella neonatale da parte del Di Pasquale e del Gibiino in ordine agli interventi rianimatori praticati e alle condizioni di salute della bambina immediatamente dopo la nascita, con l’annotazione di valori incompatibili con le reali condizioni di salute della neonata» e «false attestazioni della ginecologa Palermo e dell’ostetrica Valentina Spanò nella scheda di travaglio della partoriente, che riporta un valore del battito cardiaco del feto». A Danilo Audibert e Paglia Fabrizio, all’epoca rispettivamente direttore sanitario e infermiere responsabile di sala operatoria nella clinica Gibiino, la Procura contesta il favoreggiamento personale e false informazioni al pm «sulla presenza in sala parto del kit di emergenza neonatale». Alla ginecologa Palermo sono contestate lesioni personali colpose nei confronti di Tania Laura Egitto, madre di Nicole, per «la mancata rimozione di una garza durante le fasi di applicazione dei punti di sutura post partum, con conseguente insorgenza di un’infezione protrattasi per 13 giorni fino alla definitiva rimozione del corpo estraneo, avvenuta al pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro di Catania».