Last updated on 27 gennaio 2021
Confessò di aver ucciso la moglie, neanche un giorno in cella. Il delitto nel 1990 vicino a Pescara. Caso riaperto nel 2012. Ma non c’è l’aggravante e va tutto in prescrizione. E’ un incredibile storia raccontata dal Corriere della Sera oggi in edicola. Un tale ha confessato l’omicidio della moglie ma non ha fatto neanche un giorno di carcere:
L’altro ieri anche i giudici d’appello dell’Aquila hanno confermato che il reato si è prescritto e che Giulio Cesare Morrone, elettricista pescarese ora in pensione, è un uomo libero.
Giulio Cesare Morrone nel 1990 uccise in casa la moglie, Teresa Bottega, nel Pescarese, al culmine di una lite. Quella mattina del ’90 Morrone litiga furiosamente con la moglie, le mette le mani al collo e la uccide, poi porta a scuola il figlio e si sbarazza del corpo di Teresa: lo scarica in un canale in provincia di Ferrara.
A tutti dice che la moglie lo ha lasciato, se n’è andata. Le indagini dopo poco portano a nulla, senza il cadavere non si trovano le prove. Certo i sospetti sono tutti per lui, ma sembra il delitto perfetto e per 22 anni Morrone la fa franca. Ma un giorno fa un errore: confessa l’omicidio, anzi si confida, infatti la confessione obbliga al segreto il religioso, la confidenza no.
A quel punto un testimone indiretto della vicenda raccontò alla squadra Mobile della Questura di Pescara di aver saputo dell’omicidio dal prete. Il caso, archiviato dopo anni come scomparsa volontaria, fu quindi riaperto e, nel corso di una confessione, Morrone ammise di essere l’assassino di Teresa Bottega, nata a Spoltore (Pescara) 35 anni fa. E’ il 6 dicembre 2012.
Scatta il carcere per l’uxoricida reo confesso, lui ammette di aver streto le mani al colllo, ma non di averla strangolata, tradotto: punta all’omicidio preterintenzionale e cerca di evitare il volontario. Il pm chiede che Morrone sia condannato per 16 anni di reclusione con le aggravanti dei futili motivi e di conseguenza la condanna a 30 anni di reclusione, cioè all’ergastolo, con lo sconto per la decisione dell’imputato di essere giudicato con il rito abbreviato. Ma il giudice non riconosce le aggravanti e la pena cade in prescrizione, e si va in Appello. L’accusa chiede ancora 30 anni, il massimo per il rito abbreviato, ma la Corte d’Appello dell’Aquila, non riconosce la sussistenza dell’aggravante ulteriore speciale dei futili motivi e, di conseguenza, il reato è prescritto, così come aveva deciso, l’8 novembre del 2013, anche il gup del Tribunale di Pescara.
Se fosse stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi, Morrone sarebbe stato condannato all’ergastolo, con attenuanti del rito abbreviato. Ma Giulio Cesare Morrone è libero, è passato troppo tempo: dopo 22 anni non pagherà per l’omicidio che ha confessato.
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