Dottor Biscotto, recentemente l’assessore regionale all’Economia, Luca Bianchi, si è espresso sui confidi, proponendo, fra l’altro, una loro riduzione. Che ne pensa?
«Nonostante il curriculum di tutto rispetto, debbo constatare che l’assessore Bianchi non dimostra grande esperienza nell’ambito dei Confidi. Infatti condivido l’idea di riformare il sistema dei Confidi in Sicilia ma non sono d’accordo sull’iter procedurale da lui annunciato, perché qualsiasi riforma sul settore non può non tenere conto della legge nazionale di riordino dei Confidi (art.13 legge 326/03 e successive modifiche ed integrazioni) e del testo unico bancario (d.lgs. 385/93). Il percorso suggerito dall’assessore è stato per alcuni versi intrapreso nel passato da alcuni istituti di credito siciliani che sono stati assorbiti da grossi gruppi bancari nazionali ed internazionali perdendo in questo modo non solo il contatto col territorio ma anche la propria identità, affidando l’esito di una pratica creditizia ad un software di rating a discapito del contatto umano. Per fortuna il sistema delle banche di credito cooperativo e delle popolari non ha seguito questo percorso mantenendo una propria autonomia: non a caso queste banche sono quelle che ad oggi hanno continuato a garantire il credito alle piccole e microimprese siciliane perché è sicuro che questi piccoli istituti di credito destinano al territorio tutta la loro raccolta monetaria invece di operare in speculazioni finanziarie».
Bianchi dice che in Puglia si è fatta una riforma del genere e in confidi siano scesi da 30 a 3.
«Per quanto riguarda la regione Puglia a me non risulta che i Confidi siano scesi da 30 a tre: basta infatti consultare il sito della Banca d’Italia per verificare che i Confidi operativi risultano molti di più. Sono d’accordo al fatto che il sistema dei Confidi in Sicilia è frammentario ma non si può pensare ad una riduzione a due come afferma l’assessore Bianchi perché le grandi imprese, ossia quelle con oltre 250 dipendenti, sono solo 120 in tutto il Mezzogiorno d’Italia (fonte Fondazione Ugo La Malfa) mentre le piccole e medie imprese sono circa 8 mila. L’assessore non cita assolutamente la microimpresa che in Sicilia è rappresentata da oltre 390 mila aziende iscritte alla Camera di Commercio. Quindi la frammentazione dei Confidi è dovuta alla presenza della microimpresa ed è in questo ambito che il sistema dei Confidi deve essere regolamentato rivedendo la legge regionale 11/2005. L’assessore Bianchi dovrebbe tenere in maggiore considerazione il settore della microimpresa che è quello che regge l’economia italiana e quindi anche siciliana. Non si può pensare di prevedere un solo Confidi per 390 mila imprese perché sarebbe praticamente ingestibile».
Un recente studio afferma che il sistema dei confidi siciliani “107” è in difficoltà. È così?
«La fotografia è reale perché i confidi 107 sono sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia e devono ottemperare ad adempimenti simili a quelli di una banca, ma ancora in tanti non hanno una struttura organizzativa adeguata ed efficiente per farlo. Fra l’altro, questi nuovi adempimenti richiedono uno sforzo economico che ha contribuito, insieme alla crisi e all’aumento delle sofferenze, a mettere in difficoltà il settore».
Multifidi è invece un confidi 106. Sta meglio?
«Il nostro confidi sta bene e sicuramente il sistema dei confidi ex 155 comma 4 impropriamente detti 106 sta meglio perché non sottoposto a quegli adempimenti di cui parlavo prima».
Quindi meglio rimanere 106?
«Non si tratta di scelte, ma automaticamente, superando un certo volume di attività finanziaria, che è di 75 milioni di euro, si è obbligati all’iscrizione di cui all’art. 107 del TUB. C’è però la volontà di riformare il sistema a livello nazionale con lo “schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva 2008/48/ce relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del Titolo V del Testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi».
E in cosa consiste la riforma?
«Si vocifera che dovrebbe essere innalzata la soglia per diventare 107 da 75 milioni a 150 milioni o addirittura a 500 milioni. In questo caso nessun confidi siciliano sarebbe più 107. Quelli al di sotto della soglia avranno un controllo indiretto dalla Banca d’Italia attraverso un organismo di vigilanza costituito dagli stessi confidi ai sensi dell’art. 112 bis del TUB».
Torniamo a Multifidi.
«Multifidi è nato nel 2006, è stato riconosciuto dalla Regione il 20 marzo del 2008 ed è in continua crescita. Subiamo meno la crisi perché ci occupiamo principalmente di microimprese. Abbiamo – al 31 dicembre 2012 – 1.430 soci (245 in più del 2011), abbiamo rilasciata garanzie per un totale di 49.860.132 di euro con un importo medio garantito 40.440,59 euro. Questo significa che il rischio risulta frammentato fra un numero elevato di imprese rispettando anche alcune indicazioni di Bankitalia che prevedono il divieto di accentrare il proprio rischio su poche posizioni. Frammentando il rischio quindi il Confidi è messo al riparo da singole posizioni che deteriorandosi potrebbero mettere a repentaglio la stabilità patrimoniale del confidi stesso».
Chi sono i vostri soci-clienti?
«Noi ci rivolgiamo a tutti alle aziende di tutti i settori economici che operano in Sicilia con prevalenza di imprese commerciali (39%) e a seguire artigianali (23%) e agricole (18%)».
Che tipologie di prodotti garantite?
«47% mutui ipotecari, il 39% prestiti chirografari, il 12% coperture di conti correnti».