Esce oggi, 18 Febbraio, in tutte le librerie, Contro l’antimafia
Ieri la prima presentazione a Marsala, alla Biblioteca Comunale, in un evento organizzato dall’associazione Otium, con l’intervento del giornalista Attilio Bolzoni, che ha raccontato su Repubblica da tempo molte vicende che riguardano l’antimafia: “Si sa che la mafia cambia sempre – ha ricordato – , ma sempre rimanendo se stessa, e che è sempre stata pronta a ogni mutazione sociale. Cambia pelle, cambia vestito, si nasconde. Già dieci anni fa la mafia cominciava a nascondersi dietro gli slogan dei propri nemici. Già dieci anni fa la mafia aveva scoperto il valore dell’antimafia. L’antimafia era diventata già dieci anni fa un capitale per cosa nostra. In Sicilia era nata una nuova figura già nel 2005: il mafioso antimafioso, il massimo della raffinatezza del pensiero mafioso”.
Ma di cosa parla “Contro l’antimafia”? Ecco la nota di presentazione della casa editrice, Il Saggiatore:
Matteo Messina Denaro, l’invisibile, è il più potente boss di Cosa nostra ancora in libertà. È a lui che dalla radio della sua città, Marsala, si rivolge ogni giorno Giacomo Di Girolamo nella trasmissione Dove sei, Matteo?, ed è a lui che si rivolge in questo libro: stavolta, però, con un’agguerrita lettera di resa.
Di Girolamo non ha mai avuto paura di schierarsi dalla parte di chi si oppone alla mafia. Ma adesso è proprio quella parte che gli fa paura. Ha ancora senso l’antimafia, per come è oggi? Ha avuto grandi meriti, ma a un certo punto è accaduto qualcosa. Si è ridotta alla reiterazione di riti e mitologie, di gesti e simboli svuotati di significato.
In questo circuito autoreferenziale, che mette in mostra le sue icone – il prete coraggioso, il giornalista minacciato, il magistrato scortato – e non aiuta a cogliere le complesse trasformazioni del fenomeno mafioso, si insinuano impostori e speculatori. Intorno all’antimafia ci sono piccoli e grandi affari, dai finanziamenti pubblici ai «progetti per la legalità» alla gestione dei beni confiscati, e accanto ai tanti in buona fede c’è chi ne approfitta per arricchirsi, per fare carriera o per consolidare il proprio potere, in nome di un bene supremo che assolve tutto e tutti.
Non è più questione di «professionisti dell’antimafia»: oggi comanda un’oligarchia dell’antimafia, e chiunque osi metterla in discussione viene accusato di complicità. Di Girolamo scrive allora a Matteo Messina Denaro. Scrivere al grande antagonista, al più cattivo dei cattivi, è come guardarsi allo specchio: ne emerge, riflessa, l’immagine di una generazione disorientata, che assiste inerme alla sconfitta di un intero movimento, alla banalità seriosa e inconcludente delle lezioni di legalità a scuola, alle derive di un giornalismo più impegnato a frequentare le stanze del potere, politico o giudiziario, che a raccontare il territorio. Contro l’antimafia è un libro iconoclasta, amaro, che coltiva l’atrocità del dubbio e giunge a una conclusione: per resistere alle mafie serve ripartire da zero, abbandonando la militanza settaria per abbracciare gli strumenti della cultura, della complessità, dell’onestà intellettuale, dell’impegno e della fatica.