La Sicilia ha l’indice Rt più alto d’Italia e quindi la zona rossa è non sono opportuna ma necessaria. Con un indice Rt a 1,27 l’isola si piazza in quella che viene definita soglia d’attenzione per un rischio molto alto che la pandemia da Covid diventi inarrestabile. E questo dice l’assessore alla Salute della Regione siciliana Ruggero Razza rispondendo al segretario regionale della Lega Nord Nino Minardo che aveva sollecitato l’assessore a chiedere al governo nazionale la riclassificazione della Sicilia in zona arancione: «Come ho detto nei giorni scorsi all’amico Nino Minardo, raccogliendo anche la sua condivisione, la decisione di procedere alla definizione della ‘zona rossa’ in Sicilia si sta rivelando corretta – dice Razza – . Non solo perché ha anticipato un provvedimento che ieri sarebbe stato assunto (e per tre settimane) per decisione nazionale, come si evince dall’indice Rt nell’Isola rilevato a 1.27, ma perché ci sta consentendo di limitare il peso sulle strutture ospedaliere ed evitare di procedere a nuove conversioni. Ritengo che la sollecitazione della Lega siciliana vada, pertanto, nella stessa direzione auspicata dal presidente della Regione: riprendere il più possibile la vita ordinaria, rispettando regole comportamentali e determinando azione di controllo sul rispetto delle stesse».
Indice Rt, gli esperti: “Meglio usare dati reali”
Ma la questione dell’indice Rt resta, soprattutto dopo le “disavventure” della Lombardia piazzata in zona rossa per un problema di dati e ora rientrata in zona arancione. Gli esperti negli ultimi giorni hanno fortemente messo in dfiscussione la fondatezza e affidabilità dell’indice Rt. Dice per esempio professor Antonello Maruotti ordinario di Statistica all’ Università Lumsa e co fondatore dello StatGroup-19 il gruppo di ricerca sul Covid 19 costituito da diversi accademici statistici italiani. “Lasciamo perdere Rt aumentiamo la qualità dei dati così da poter prendere decisioni consapevoli e tempestive”. Nonostante nel periodo natalizio ci sia stata una leggera ripresa dell’epidemia (come in tutto il Paese), i dati lombardi erano e sono tuttora incoraggianti e, di certo, non giustificano la zona rossa. Un solo indice, appunto RT, per di più stimato e non tecnica osservato su dati reali, ha condannato la Lombardia.
“Di chi è la colpa per un Rt completamente scollegato dai dati osservati? Non sapremo mai chi ha sbagliato. Di certo, i dati osservati raccontavano una storia ben diversa”, prosegue il professor Maruotti.
“Abbiamo a disposizione diverse quantità e variabili osservate, altri 20 gli indicatori (al netto di Rt) messi a punto dall’ISS, che possono e devono essere usati per questo scopo”.
“Per valutare il rischio in una determinata Regione, i decisori politici hanno preso come stella polare l’utilizzo di Rt, un indice non osservato né osservabile, che viene stimato tramite modelli, spesso diversi tra loro, molto complessi. Diversi modelli e diverse assunzioni – spiega il docente – possono portare a diverse stime di Rt. L’Rt stimato per la Lombardia non lasciava scampo: zona rossa. Tuttavia i dati osservati, le variabili che caratterizzano l’epidemia: ricoveri in terapia intensiva, tasso di positività, il numero attuale dei positivi mostrano e mostravano anche prima, una realtà ben diversa”.
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