I sindaci del ragusano dei comuni di Acate, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli e Pozzallo hanno sottoscritto una nota che è stata inviata al Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci ed all’Assessore Regionale alla Sanità, Ruggero Razza con la quale chiedono di riesaminare l’istituzione della “zona rossa” anche per il territorio ibleo.
Questo il testo della nota trasmessa.
“Da ieri la Sicilia intera è in “zona rossa”, unica regione d’Italia insieme alla Lombardia, unica Regione ad averne fatto espressa richiesta (la Lombardia ha impugnato il provvedimento ed ha chiesto una sospensione di 48 ore in attesa di aggiornare i dati). Ha fatto bene il Presidente Regionale ad insistere in tal senso, o si poteva rimanere in zona arancione, e continuare ad adottare provvedimenti restrittivi mirati per i comuni e le province più esposte ai contagi?
Ha fatto bene il Ministro della Salute ad assecondare la richiesta della Regione, malgrado i dati della Sicilia, secondo i parametri elaborati dal Comitato tecnico scientifico, la collocassero in “arancione”, o sarebbe stato meglio evitare un pericoloso precedente discostandosi da quel meccanismo automatico che stabilisce il colore solo in base ai dati (e non alle richieste dei Governatori)?
Negli ultimi 10 giorni con 391 nuovi positivi su una popolazione di 320.000 abitanti, l’incidenza dei contagi nella provincia di Ragusa è stata dello 0,122%. Nello stesso periodo nella provincia di Palermo la percentuale dei positivi in rapporto alla popolazione è stata dello 0,355% (4.516 su 1.271.000), in quella di Catania dello 0,443% (4.736 su 1.080.000), in quella di Messina dello 0,486% (3.116 su 640.000), per citare le province più popolose. Dipende certo anche dal numero dei tamponi effettuati, ma un simile drastico scostamento percentuale esprime pacificamente una palese differenza di stati di fatto.
Gli scostamenti del numero dei ricoveri negli ospedali del ragusano, sempre negli ultimi 10 giorni, sono insignificanti, ed i reparti Covid si sono svuotati rispetto al periodo più critico di fine novembre. I dati dunque parlano chiaro: se tutta la Sicilia avesse avuto i nostri stessi “numeri” oggi saremmo in “arancione”, o forse addirittura in “giallo”. Non è una questione di classifiche tra buoni e cattivi, ma l’incremento dei contagi di questi giorni è senza dubbio la conseguenza dei comportamenti tenuti durante le festività di Natale e Capodanno. Se ne deduce che: 1. Le scuole, chiuse in quei giorni, sono estranee alla nuova diffusione del virus in atto; 2 nel territorio ibleo siamo stati evidentemente più ligi alle prescrizioni ed ai divieti imposti dal Governo e dalla Regione.
Che valore è stato attribuito a questi dati di fatto? Nessuno.
Le norme, per essere rispettate con maggiore consapevolezza e convinzione, devono essere ben comprese, e perché ciò accada devono essere coerenti con le evidenze che ne hanno dato origine.
Come si può oggi spiegare ad un commerciante del ragusano, che dopo un anno orribile aspettava questo periodo per gli attesi profitti dei saldi, di dover drammaticamente attendere almeno altri 15 giorni prima di riaprire?
Come spiegare ad uno studente di terza media (ed alla sua famiglia) le ragioni per cui ad ottobre e novembre, in presenza di dati sanitari ben peggiori, andava regolarmente a scuola, mentre ora deve rimanere a casa almeno per tutto il mese di gennaio?
L’uniformità dei provvedimenti su base territoriale rappresenta un valore, sia per chi ha la responsabilità di decidere, sia per i destinatari delle decisioni, ma grazie all’esperienza acquisita in questi terribili mesi è oggi possibile una gradualità di interventi stringendo il campo a singoli comuni o a gruppi di comuni, o a singole province.
Con questo provvedimento la provincia di Ragusa è stata certamente penalizzata. Chiediamo alla Regione e allo Stato, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, di riesaminare la propria posizione e di tenere anche in futuro nel debito conto la specificità del nostro territori“.