La sezione Controllo della Corte dei Conti di Palermo, nell’adunanza del 4 maggio scorso, ha deliberato il dissesto finanziario del Comune di Catania. L’atto è stato notificato stamattina all’Ente. Lo ha reso noto il sindaco Salvo Pogliese incontrando i giornalisti in Municipio. Secondo i giudici contabili il ‘buco’ sarebbe di circa 1,6 miliardi di euro e non ci sarebbe la sostenibilità finanziaria per gestirlo. Il Comune, entro i 20 giorni previsti per legge, presenterà ricorso.
“Temevamo di dover commentare questo dato ma, onestamente, speravamo di non doverlo fare – spiega il primo cittadino – Cercheremo comunque di percorrere tutte le strade possibili per evitare il dissesto, anche l’opzione di un ricorso che, ovviamente, sarà valutato solo dopo aver letto per bene le 70 pagine inviate dalla magistratura contabile. A noi non interessa addossare oggi responsabilità – ha continuato Pogliese – ma ci troviamo davanti a pesanti debiti non riscossi. Pensiamo, ad esempio, che la Tari oggi viene riscossa al 50% e che esiste quindi una parte non marginale di nostri concittadini che non è nelle condizioni di pagare. Versare i tributi è un dovere – aggiunge – e credo che sia importante che i cittadini percepiscano la gravità delle condizioni del nostro Comune”.
“Ci troviamo oggi davanti a scelte importantissime per la città – spiega il vicesindaco Roberto Bonaccorsi, titolare delle deleghe al Bilancio -. Il dispositivo ha dato la possibilità per un ricorso e sono sicuro che ci siano le condizioni affinché quest’ipotesi traumatica possa essere scongiurata in una città che già soffre. I dati che noi abbiamo testimoniano situazione debitoria importante e una mancanza di cassa endemica – ha chiarito – Il problema principale è il deficit di riscossione che si riverbera sulla situazione debitoria totale”.
“Catania è una città molto indebitata, quasi come Torino – spiega ancora Bonaccorsi – ma a differenza delle altre città del Sud il capoluogo piemontese ha creato questi debiti per realizzare opere pubbliche. Per noi, invece, sono stati contratti per la spesa corrente. Altra cosa che incide sull’equilibrio di bilancio è il discorso delle riscossione delle nostre entrate: l’esempio già citato della Tari fa partire una serie di riflessioni sull’etica, sul senso civico, e sul ruolo dell’amministratore che avrebbe dovuto porre maggiore attenzione su questi dati”.” Mi ricordo che appena insediatosi, Monti aveva preparato una bozza di decreto poi arenato nel quale si immaginava la riscossione attraverso l’energia elettrica, immaginando che dove vi fosse una lampadina accesa vi fosse qualcuno dentro. Una modifica al sistema di riscossione – conclude – sarebbe determinante”.
“Nessuna novità davanti a una voragine di 1,6 miliardi di euro nel bilancio del Comune di Catania. Non possiamo però nascondere che questo è il risultato, nel recente passato, delle timide politiche di sviluppo e dell’assenza di rigore nella gestione della finanza pubblica locale. E ci dispiace essere stati nel tempo inascoltati, allorquando invocavamo maggiore attenzione e sobrietà – afferma il segretario territoriale dell’Ugl, Giovanni Musumeci -. E’ una pesante batosta non soltanto sulla nuova compagine amministrativa, ma – osserva Musumeci – soprattutto sulla città che, adesso dovrà scontare un periodo di risanamento drastico ed incisivo. Come organizzazione sindacale crediamo si debba, ancor di più, lavorare insieme ed avviare indispensabili sinergie, allo scopo di trovare le soluzioni più idonee per far pesare meno questo macigno ai cittadini ed ai lavoratori e ci dichiariamo fin da subito a disposizione dell’amministrazione nell’interesse della città”.
“Abbiamo massimo rispetto per la Corte dei Conti siciliana, ma la sua decisione appare ingiusta e sbagliata e tutta la città deve contrastarla con un doveroso ricorso a Roma alle Sezioni riunite della Corte stessa, come fatto in casi analoghi con successo da altri comuni. Se il Comune non ha subito il dissesto negli ultimi quindici anni, quando la città era al buio e i creditori non venivano pagati, a maggior ragione risulta incomprensibile che venga dichiarato oggi in una situazione finanziaria chiaramente migliorata rispetto 5 o 10 anni fa. Ecco perché ci sono tutti i margini per ribaltare questa decisione che Catania non merita – afferma l’ex sindaco Enzo Bianco -. Il dissesto sarebbe una mannaia per la città, che noi stessi abbiamo evitato di dichiarare quando ci siamo insediati nel 2013 – continua Bianco -. Comporterebbe l’impossibilità di reperire finanziamenti per opere pubbliche, il drastico taglio dei servizi, a partire da quelli sociali, e la cancellazione di larga parte dei crediti vantati dai creditori e fornitori del Comune, con evidenti danni per tante piccole e medie imprese catanesi e per i loro dipendenti. I giudici contabili di Palermo evidentemente non hanno ritenuto sostenibile il piano di risanamento in vigore, approvato nel 2012 dall’amministrazione Stancanelli, ma non hanno tenuto conto degli sforzi compiuti da Catania e dai catanesi in questi anni”.
“Ci sono tutti gli elementi per contrastare le conclusioni della Corte dei Conti siciliana con un ricorso a Roma. La città ha fatto passi avanti evidenti in questi anni, cioè da quando fu sancito il predissesto, nato dell’enorme buco di bilancio realizzato nel 2003/2005, e fu approvato il primo di riequilibrio dalla giunta Stancanelli nel 2012 – dichiara l’ex assessore al Bilancio Salvo Andò – Certamente in questi anni il peso della crisi e’ stato principalmente sostenuto sulle spalle degli enti locali, solo per indicare una determinante variabile basti pensare al taglio dei trasferimenti che sono diminuiti di ben 41 milioni di euro”, “l’altro elemento è stato l’enorme massa debitoria che abbiamo portato alla luce con un’azione di trasparenza senza precedenti”. “Il peggioramento dei conti evidenziato dalla Corte si riferisce, dunque, a tutte le criticità che abbiamo fatto emergere, oltre che alle nuove normative del bilancio armonizzato in vigore da quest’anno, che hanno inciso in maniera determinante sugli accantonamenti e sul calcolo del Disavanzo, comunque ampiamente coperto dalla ripartizione trentennale in vigore di 551 milioni di euro”, aggiunge Andò. “La parte politica ha il dovere di adoperarsi in tutte le sedi per far valere le fondate ed argomentate ragioni di Catania e chiedere , se possibile, un intervento forte del Governo e del Parlamento col supporto dell’Anci. E’ inconfutabile che in questi anni si siano fatti evidenti passi avanti; il Comune può formalizzare il ricorso ed evitare il dissesto. Occorre che tutta la città lavori per questo obiettivo con determinazione e in modo unitario”, conclude l’ex assessore comunale.