I medici specializzandi che hanno seguito delle formazioni a partire dal 1982 – anno di emanazione della direttiva Ue sull’argomento – devono essere adeguatamente remunerati come prevede quest’ultima. A condizione, però, che la specialità conseguita sia comune ad almeno due stati membri e sia menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue, chiamata a esprimersi dalla Corte di Cassazione italiana sul caso di alcuni medici specializzandi dell’Università degli studi di Palermo. Questi chiedevano di ricevere una “remunerazione appropriata” per i corsi da loro seguiti tra il 1982 e il 1990, o quantomeno il risarcimento dei danni per la mancata trasposizione della direttiva da parte dello Stato italiano. L’Italia, infatti, ha recepito interamente la norma europea con nove anni di ritardo rispetto alla scadenza fissata del 31 dicembre 1982. I medici palermitani hanno perso la causa in primo grado, ma la Corte di appello ha ribaltato la sentenza condannando lo Stato a risarcire ciascuno di loro.
La causa è quindi finita in Cassazione, che si è rivolta alla Corte Ue in via pregiudiziale. Con la sentenza attuale i giudici del Lussemburgo hanno anche stabilito che l’obbligo di remunerazione sorge immediatamente con la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale.