“La riapertura delle scuole il 7 gennaio è troppo rischiosa. Stiamo prendendo atto dei problemi dell’aumento dei contagi di questi giorni.
Giorno 18 gennaio potremmo già avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta”. A dirlo all’ANSA è Elvira Serafini, segretario dello Snals, uno dei sindacati più rappresentativi della scuola.
“Continuiamo a leggere notizie giornalistiche ma con il Ministero non c’è nessun tipo di confronto. I dirigenti scolastici sono stremati; continuano a fare e rifare orari per le attività didattiche in presenza al 50%. Le famiglie sono confuse, i docenti si stanno reinventando modalità didattiche per tenere insieme i gruppi classe e quelli in Ddi. Non è ancora chiaro se alle Regioni sono arrivate le risorse per ampliare la mobilità con mezzi aggiuntivi. In alcuni casi non vengono investiti i finanziamenti assegnati nei mesi scorsi per ritardi burocratici. Ci preoccupa tanto la disomogeneità delle soluzioni”. Lo afferma Maddalena Gissi che guida la Cisl Scuola.
“Gli studenti rientreranno e studieranno normalmente a seconda della consistenza economica ed organizzativa delle loro regioni. C’è una dissociazione schizofrenica tra quanto si dice sulla necessità di rientrare a scuola e quanto si riesce a mettere in campo realmente! Manca un’idea complessiva di sistema e tutto passa attraverso soluzioni tampone che non fanno il bene dei nostri alunni e del futuro del Paese. Il 7 si rientrerà? La soluzione sarà estratta il giorno della Befana come succedeva un tempo con la Lotteria Italia!”, conclude la dirigente sindacale.
“E’ un errore scaricare sulla scuola le evidenti inadempienze diffuse che la scuola e il futuro del paese subisce e subirà nel tempo. Sarebbe ora di tornare all’unità e al consenso. Le forzature e lo scaricabarile sulle responsabilità non fa bene alla scuola e al futuro dell’Italia. Dall’emergenza si esce tutti insieme e se si torna al dialogo e al confronto. Per questo ci vuole cultura di governo e se ne vede veramente poca. Basta retorica e affrontare la realtà a cominciare dai presidi sanitari e dalla campagna di vaccinazione che deve fare perno sulla scuola e non come sta accadendo per i trasporti e lo scaglionamento, su altre sia pure importanti attività che vorrebbero la scuola in posizione ancillare, di adattamento continuo alle esigenze altrui, non volendo capire l’importanza del settore per il futuro sociale ed economico che è evidenziato solo a parole”, ha sottolineato Pino Turi, segretario della Uil scuola. “Si deve tornare all’accordo sulla sicurezza di agosto e ripartire da quel punto. Manca la politica e le decisioni strategiche che invece sono prevaricate da una visione miope e di parte. In questo modo la scuola sarà come è evidente il vaso di coccio tra quelli di ferro”, conclude il dirigente sindacale.
“A questo punto chiediamo almeno due settimane di rinvio per sottoporre studenti, docenti e tutto il personale scolastico ai test per verificare chi è eventualmente positivo al virus. A patto sempre che nel frattempo la curva dei contagi diminuisca: in caso contrario, seppure con grande rammarico, sarà inevitabile continuare la didattica a distanza” dice Marcello pacifico del sindacato Anief.
Il quadro del rientro in classe per gli studenti delle scuole superiori non sembra essere definito. Anche se i piani prefettizi sono pronti – con turni doppi o unico, a seconda delle regioni, ingressi alle 8 e alle 10, lezioni il sabato -, in Puglia si va verso la conferma della didattica a distanza a discrezione delle famiglie. Intanto, nel Lazio potrebbe esserci il rinvio all’11 gennaio, in Campania si è deciso un ritorno graduale con le superiori sui banchi non prima del 25 gennaio.
Il sindacato autonomo Anief ritiene che i cambiamenti continui sulle percentuali di studenti delle superiori da far tornare in presenza dimostrano che si sta procedendo in modo empirico, su un contesto complicato e con il numero dei contagi mutevole: l’organizzazione autonoma conferma che servono certezze che solo uno screening iniziale, precedente al rientro, e poi settimanale possono assicurare.
“Mutare continuamente le percentuali di presenza o imporre doppi turni non è una strada facilmente percorribile – commenta Marcello Pacifico, leader Anief – perché significa che ogni volta le scuole sono chiamate a riformulare il loro piano orario settimanale, considerando anche che diversi docenti sono impegnati su più istituti, che alcune scuole superiori hanno anche i corsi serali, che molti alunni fanno decine di chilometri per seguire la lezione e non possono certo tornare a casa all’ora di cena. Rimodulare gli orari una volta sarebbe un’operazione complicata da realizzare, figuriamoci in continuazione. Anche perché non tutte le province sono in grado di garantire una maggiorazione adeguata di mezzi di trasporto e sono molti gli istituti scolastici a non detenere spazi e organici adeguati a garantire il rientro in sicurezza del 75% di allievi. Il rischio, in queste condizioni, è che la sicurezza non possa essere garantita”, conclude Pacifico.
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