L’ultima idea di Crocetta? Un azzeramento della Giunta. “Occorre una verifica politica per capire chi sta nella maggioranza e chi sta fuori. Il governo politico, che si deve costruire immediatamente, deve avere alla base il senso di responsabilità collettivo che richiede il momento. Per questo motivo non escludo un azzeramento della giunta chiarificatore”. Lo precisa il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, a proposito della questione del rimpasto di governo e della delicata situazione politica. Per Crocetta servono subito “un piano di riforme concrete e una maggioranza coesa, all’interno della quale non ci sia chi rallenta il processo riformatore o addirittura pretenda di arrivare a elezioni anticipate contro l’attuale governo”. “Voglio coerenza, lealtà, efficienza e coesione – prosegue – Altro che ritardi per il rimpasto di governo, io voglio accelerare”.
“Chi minaccia elezioni anticipate per ricattarmi sappia che io il voto non lo temo. Sono pronto. Ma il motivo per cui non voglio le elezioni ora è non appesantire la situazione in una fase in cui grazie al governo Renzi stiamo risolvendo i problemi della Sicilia“.
Unità del Pd, rapporto politico stabile con tutti gli alleati «rispettando tutte le componenti», proseguire nella strada degli accordi col governo centrale per sconfiggere la povertà e rilanciare lo sviluppo, aprire un dialogo istituzionale serrato con le opposizioni. È la road map del governatore che vuole accelerare il confronto sull’ipotesi di rimpasto per concentrarsi sull’azione di governo.
«Voglio un’armonia istituzionale e politica, libera da individualismi e ambizioni personali – dice Crocetta – per lavorare in modo coeso e creare una Sicilia produttiva. Al di là del rigore di bilancio, bisogna determinare quella coesione sociale utile a sostenere le imprese, a utilizzare a pieno i fondi europei, a riformare la burocrazia, a dare risposte ai senza lavoro attraverso il reddito d’inclusione, a intervenire in modo massiccio sul gap infrastrutturale e sul dissesto del territorio, a creare progetti di sviluppo sul turismo, sulla pesca, sui beni culturali, a intervenire sull’innovazione tecnologica e sulla riconversione dell’industria tradizionale come stiamo facendo a Gela e a Termini Imerese».
Per Crocetta «non c’è alternativa al confronto e all’unità», perché «le spinte individuali, seppur legittime, possono soddisfare i singoli ma le ambizioni devono confrontarsi con la drammaticità della situazione che richiede a ognuno di noi di anteporre l’interesse collettivo del popolo siciliano alle velleità dei singoli».
«Non possiamo lasciare la Sicilia nella palude – conclude -. Occorre dare una iniezione di fiducia, smettiamola con gli inutili piagnistei di chi si attende risposte miracolistiche, ci si rimbocchi le maniche piuttosto. La Sicilia è rispettata a Roma se manifesta unità, se si presenta divisa, brontolona e rivendicativa non verrà compresa. Tutti quanti dobbiamo fare di più. E allora basta con gli attacchi, i sotterfugi, le continue instabilità. Serve un patto politico di lealtà che anteponga gli interessi della Sicilia a ogni idea sfascista. Questa è la sfida che lancio, senza preclusioni, senza odi, senza rancori, aperto al confronto con tutti a partire dalla maggioranza alla quale chiede coesione e unità ma anche alle opposizioni alle quali chiedo, come qualche volta hanno fatto, il dialogo sulle riforme che vanno concluse in questa legislatura».
«Non abbiamo alcun problema col governo Renzi come dimostra l’accordo raggiunto sui 650 milioni di fondi Fsc e l’avvio del tavolo, in programma il prossimo 28 ottobre, per confrontarci sul bilancio della Regione per il 2016-2017. C’è soltanto una parte della politichetta locale siciliana che cerca di mistificare la realtà. Roma – aggiunge – sta rispettando la road map che ci eravamo dati, abbiamo definito l’accordo sui fondi Fsc che deve solo essere ratificato con i passaggi in Conferenza delle Regioni e poi in Consiglio dei ministri. Dal nuovo tavolo sul bilancio 2016 sono convinto che arriveranno risposte positive».
Crocetta aggiunge: «Nessuno pensi di lavorare con l’obiettivo di provocare una lunga agonia, il linguaggio dell’indecisione non m’appartiene. Da tre mesi parliamo sulla stampa di rimpasto, ci sono forze politiche importanti che hanno compiuto passi in avanti, altre invece persino passi indietro».
«Abbiamo bisogno di dare certezze, perchè i prossimi due anni devono essere anni di fatti concreti e non di scontri continui – prosegue il governatore -. La Sicilia ha bisogno di unità, confronto, decisioni: senza scaricabarile e soprattutto senza scaricare sul governo responsabilità di governi del passato, che non ci appartengono e che ci inseguono».
Parole che il sottosegretario Davide Faraone, leader dei renziani in Sicilia, ha accolto con scherno: “Crocetta si dice pronto ad azzerare la giunta e a lasciarci fuori dal governo? Brr, che paura… Verifica? Rimpasto? Parole da vecchissima politica. Sono lontano anni luce. Non aggiungo altro”.
LE PROTESTE NEL PD. Quattro voci, quattro storie diverse, un unico messaggio: “Io non ci sto”. A Palermo i ribelli del Pd del capoluogo hanno fatto sentire la loro voce. Pino Apprendi, Fabrizio Ferrandelli, Pippo Russo e Ninni Terminelli hanno animato un evento all’hotel delle Palme, partecipato da tanti altri scontenti. Due le richieste che arrivano dalla manifestazione palermitana: azzerare la classe dirigente del Pd siciliano con il commissariamento del partito e dimissioni di Crocetta per tornare al voto.
“Abbiamo parlato della scissione silenziosa che è in atto nel Pd siciliano, soprattutto sui territori”, dice Ninni Terminelli. “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela”, ha attaccato Ferrandelli, il deputato regionale che si è dimesso in dissenso dalla linea del partito e del governo. “Cosa è stato – afferma – se non una macchina di potere e di clientela il partito democratico a Messina? E cosa spinge questo Pd siciliano nell’accanimento terapeutico nei confronti dell’esperienza più fallimentare di gestione della cosa pubblica in Sicilia, quella di Rosario Crocetta, se non l’idea del potere per il potere, dell’occupazione sistematica di poltrone e della cosa pubblica? Cosa spinge – aggiunge – i dirigenti del Pd a non dare la parola a voi, agli iscritti, agli elettori sulla linea politica da seguire? L’idea che hanno e che praticano di un partito come strumento di potere gestito da quattro capi corrente e da una manciata di padroni delle tessere. Io non ci sto – continua Ferrandelli -, ma il non ci sto significa anche che ci starò solo se facciamo accomodare fuori quelli che in 15 anni hanno fallito. Se ripensiamo il Pd come soggetto del cambiamento e non della conservazione. Se scegliamo la base e non all’altezza, gli uomini e le donne democratiche e non un ceto politico trasformista, buono per tutte le stagioni. Se cominciamo a parlare di idee e non di poltrone da occupare. Se facciamo prevalere i progetti ai rimpasti e soprattutto – conclude – se mandiamo a casa Fausto Raciti e stacchiamo immediatamente la spina a Crocetta”.
“E’ venuto fuori oggi il profondo disagio che vive il popolo del centrosinistra – dice Terminelli – e ci ha colpito l grande quantità di interventi che sono seguiti a quelli di noi quattro”. Il Pd siciliano è stato accusato dall’assise palermitana di procedere a una spartizione di potere attraverso posti di sottogoverno e gabinetti. Pippo Russo ha contestato “operazioni di casta e di palazzo avallate da Renzi” e ha ribadito il giudizio negativo sul governo regionale “inadeguato”: “Manca una discontinuità col passato nella classe dirigente”.
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