Cuffaro è uscito dal carcere, ma il suo periodo di permanenza a Rebibbia ha molte ombre. Si sono concluse le indagini a carico di 41 politici che devono rispondere di aver falsamente attestato lo status di collaboratori parlamentari che ha consentito loro di accedere all’interno di Rebibbia e ad avere colloqui “privati” (al riparo da intercettazioni) con l’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, il quale ha appena finito di scontare una condanna 7 anni per favoreggiamento a Cosa nostra.
Cuffaro, come si legge sul quotidiano “la Repubblica”, in questa inchiesta non è indagato. Lui, a parlare con i suoi fedelissimi che andavano a trovarlo in carcere, non ha commesso alcun reato. A differenza dei parlamentari nazionali ed europei che, avendo diritto ad entrare nelle carceri, si sono portati dietro “amici” di Cuffaro spacciandoli come loro collaboratori e che ora rischiano fino a 10 anni. Da Simona Vicari a Vladimiro Crisafulli, da Calogero Mannino a Saverio Romano, da Giuseppe Ruvolo a Cinzia Bonfrisco.
L’inchiesta sui colloqui in cella dell’ex governatore parte dal fascicolo sull’affare rifiuti. Scrivono i pm: “…È emerso un collaudato sistema di comunicazioni attraverso il quale Cuffaro ha impartito direttive o comunque fornito indicazioni sullo svolgimento di una non meglio identificata molteplicità di affari”. E così una sfilza di persone sono finite sotto intercettazione. Alcune prima dell’arresto dell’ex governatore per scontare la condanna per favoreggiamento alla mafia e altre nei mesi successivi. A cominciare dal fratello di Totò Cuffaro, Silvio.
Alcuni retroscena dell’indagine sono stati raccontati oggi da Repubblica:
Il 13 luglio 2011 a Rebibbia si gioca una partita di calcio. A bordo campo tra gli spettatori ci sono Felice Crosta (il superburocrate pensionato d’oro della Regione Sicilia), Fausto Desideri (ex consigliere delegato di Riscossione Sicilia) e Marco Morrone (il factotum romano). Totò Cuffaro è in carcere da sei mesi, ma ha subito capito come fare a non perdere il contatto con i suoi fedelissimi. “Caro Marco – preannuncia in una lettera a Morrone – verrai invitato ad una manifestazione che stiamo facendo in carcere, così potrai stare un po’ insieme a me e potremo parlare. Assieme a te farò invitare Felice Crosta e Fausto Desideri. Ufficialmente vi inviterà un’associazione che non ha nulla a che fare con me”. E due mesi dopo l’associazione di volontariato Gruppo Idee invita a Rebibbia gli amici di Cuffaro. Tra i volontari su cui l’ex governatore fa affidamento c’è Federico Vespa, figlio di Bruno e di Augusta Iannini, magistrato e ora garante per la privacy. C’è tutta la “corte” di Totò nelle mille pagine di allegati dell’inchiesta della Procura di Roma che si appresta a depositare la richiesta di rinvio a giudizio per 41 persone (tra cui Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico del governo Renzi e dieci parlamentari di diverse forze politiche) che devono rispondere di aver falsamente attestato lo status di collaboratori parlamentari che ha consentito loro di accedere all’interno di Rebibbia e ad avere colloqui “privati” (al riparo da intercettazioni) con l’ex governatore della Sicilia.