E’ tornato in libertà l’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro dopo essere stato in carcere per 4 anni e 11 mesi. Cuffaro ha lasciato il carcere di Rebibbia a Roma intorno alle 10. “E’ bello respirare la libertà. Oggi posso dire di aver superato il carcere”, queste le prime parole dell’ex governatore.
Cuffaro non è uscito dall’ingresso principale del carcere di Rebibbia ma da quello dell’Aula Bunker in via del Casale di San Basilio. L’ex governatore della Sicilia aveva con sé degli scatoloni che contenevano lettere ricevute durante il suo periodo di detenzione. “Ho ricevuto 14mila lettere – spiega – sono parte della mia vita. Le terrò con me”. Ad aspettarlo fuori dal carcere il figlio e il fratello.
“La politica non farà parte della mia nuova vita” – “La politica attiva, elettorale e dei partiti è un ricordo bellissimo che non farà parte della mia nuova vita. Ora ho altre priorità”, ha quindi aggiunto Cuffaro. “Ho amato la politica e non rinnego nulla di ciò che ho fatto, non mi sento tradito”.
“Ho fatto degli errori: io li ho pagati, altri no” – “Nella mia coscienza sono innocente. Sono andato a sbattere contro la mafia. Tornassi indietro metterei un airbag”, ha quindi proseguito l’ex governatore della Sicilia. “Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere – ha aggiunto – io li ho pagati, altri no. Ora credo di avere il diritto di ricominciare”.
“E’ stato grande il prezzo che ho pagato per aver deciso di stare in mezzo alla gente – ha proseguito Cuffaro -. Appartiene alla mia coscienza ciò che sono stato. Non ne voglio più parlare. Credo di non aver mai favorito la mafia ma di averla sempre osteggiata e parlano gli atti amministrativi per me. Per fare una vera lotta alla mafia credo sia necessario l’impegno delle forze di polizia, dei magistrati. Ma se lasciassimo la lotta solo a loro credo che purtroppo non riusciremmo a raggiungere l’obiettivo finale. E’ necessario ci sia una grande educazione. E questo è il grande errore della politica. Fin quando non sarà data alle persone la possibilità di scegliere di stare nella legalità sarà difficile vincere la mafia”.
Nel giorno di Santa Lucia, martire tanto cara ai siciliani, Cuffaro chiude i conti con la giustizia, grazie all’indulto di un anno per i reati «non ostativi» e lo sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta. Una storia giudiziaria iniziata il 5 novembre 2003 con la scoperta di «talpe» negli uffici della Procura di Palermo. L’allora governatore viene individuato, attraverso intercettazioni, come un punto di snodo della rete delle talpe. Sarebbe stato lui il principale terminale delle fughe di notizie su indagini riservate. Il 2 novembre 2004 Cuffaro è rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e rivelazione di segreti d’ufficio e il 18 gennaio 2008 viene condannato a 5 anni di reclusione. «Nella mia coscienza sono innocente – dice oggi Cuffaro – Sono andato a sbattere contro la mafia. Tornassi indietro metterei un airbag. Non l’ho mai favorita ma credo di averla sempre osteggiata». Si sente un po’ come il pugile Rubin Carter. Accusato ingiustamente, «per qualcosa che non aveva mai fatto» cantava il menestrello del rock. «Ieri ho pianto come un bambino – confessa Totò – I detenuti mi hanno voluto salutare tutti insieme. Hanno fatto una cosa bellissima. In coro hanno cantato Hurricane di Bob Dylan per me. Mi ha sconvolto dentro».