Ha dell'incredibile la vicenda di Ignazio Cutrò testimone di giustizia e imprenditore di Bivona che grazie anche alle sue denunce contro il racket e la mafia si è istruito un processo che ha portato in carcere i responsabili.
Da qualche settimana il coraggioso imprenditore vive una vicenda assurda, aggravata dal fatto che a subirne le conseguenze è anche l'intera famiglia.
Dopo essere stato lasciato solo in Calabria, dove stava trascorrendo una breve vacanza con la sua famiglia, adesso pur essendo un codice rosso nel programma di protezione dei testimoni, non gode di un servizio di scorta e vigilanza adeguato. "Ho scritto a chi di competenza, relazionando in dettaglio, una lunga missiva ma dopo quasi 2 settimane non ho ricevuto risposte" dichiara Ignazio Cutrò "io e la mia famiglia siamo confinati a casa da oltre 15 giorni, chiedo solo che venga ripristinato il servizio con il vecchio nucleo che garantiva la sicurezza e la protezione a me e ai miei cari. Non è concepibile che a coprire il servizio siano militari dell'arma che non conoscono il territorio e le basilari nozioni di sicurezza" e continua "in queste condizioni si creano situazioni a rischio come ad esempio quella di ritrovarsi a fare la fila inermi in un ufficio pubblico accanto ai familiari delle persone che ho contribuito a mandare in carcere o peggio ancora che il servizio scorta interrompa il tragitto per controllare situazioni terze. " Ignazio Cutrò conclude dicendo "E' immutata la stima verso l'arma dei Carabinieri che considero come la mia famiglia, ma anche all'interno di una famiglia possono crearsi forse dei dissapori che hanno come conseguenza quella di creare un clima poco sicuro intorno".
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