La distribuzione della spesa e dei vaccini dal Messico a Palermo, ha permesso la vicinanza con la popolazione e l’auto legittimazione delle mafie. Lo stesso è accaduto in altri Paesi dell’America Latina. Una pandemia, una crisi, un terremoto, sono occasioni estremamente vantaggiose per la crescita e il rafforzamento delle organizzazioni criminali, perché si costruisce una rete di opportunità che perdura nel tempo.
“Con la pandemia da Covid 19 i processi preesistenti di infiltrazioni delle mafie nell’economia legale si sono accelerati. Grazie poi al flusso di fondi pubblici, si è registrato un aumento di appropriazioni indebite, frodi, corruzione, per cui tutti temiamo enormemente che il Pnrr sia fonte di abusi e opportunità per le mafie”. Lo ha detto il professore Ernesto Savona, direttore di Transcrime – Università Cattolica del sacro Cuore, intervenendo alla prima videoconferenza del 17esimo progetto educativo antimafia del centro studi Pio La Torre, intitolata ‘La mutazione delle mafie nel XXI° secolo. Il crimine organizzato dopo la pandemia’. Al dibattito sono intervenuti anche il professore dell’Università di Pisa, Alberto Vannucci e Vito Lo Monaco, presidente emerito del centro, moderati dalla presidente Loredana Introini.
“Secondo i dati registrati da Transcrime dall’agosto 2019 a luglio 2021 – ha aggiunto Savona – si è registrato nelle organizzazioni criminali un calo del 40% di omicidi, accentuando una tendenza alla riduzione della violenza. In generale tutti i reati sono in diminuzione, tranne quelli informatici. Se impariamo dalle lezioni del passato, l’attenzione ai 210 miliardi che sono in arrivo in Italia – il 40% dei quali da spendere al Sud – deve essere massima. Le imprese che chiudono, poi, sono altrettante opportunità per le organizzazioni criminali. Inoltre, abbiamo notato che il modello delle gang giovanili, più flessibile rispetto alle strutture verticistiche, sarà presto il modello di riferimento delle organizzazioni criminali che tendono ad arruolare sempre più spesso minorenni”.
“Tutte le mutazioni che osserviamo delle organizzazioni mafiose rilevano una loro capacità adattiva, ma in un’ottica di continuità”, ha detto il professore dell’Università di Pisa Alberto Vannucci, che ha analizzato le ‘varianti’ criminali delle organizzazioni mafiose nel mutato contesto degli ultimi anni. “La forza intimidatrice qualifica le organizzazioni mafiose – ha proseguito Vannucci – Falcone diceva che le mafie utilizzano razionalmente la violenza perché essa è un costo. Oggi questi costi sono più alti, per cui si compensa con una maggior attenzione alla reputazione che fa sì che la caratura criminale del soggetto che lancia il messaggio sia sufficiente. Più che il controllo del territorio, insomma, le mafie tendono a dominare alcuni settori produttivi”.
“Il periodo molto complicato che stiamo vivendo esige un impegno collettivo sul fronte della cittadinanza – ha detto Loredana Introini, presidente del Centro – per questo abbiamo ritenuto opportuno far partire il progetto educativo dall’attualità, ragionando sull’evoluzione delle mafie. La videoconferenza di oggi ha visto la partecipazione di oltre 4000 studenti e oltre 146 collegamenti tra scuole e case circondariali. A loro e agli altri istituti che aderiranno, diamo appuntamento per la prossima videoconferenza in programma il 25 Novembre e dedicata alla ‘Crisi economica: ricadute su Pnrr, Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e Legalità’, con Adriano Giannola, presidente Svimez, Adam Asmundo, docente Unipa, e il vicepresidente del Centro, Franco Garufi”.
“L’iter travagliato che dalle stragi di mafia ha portato all’approvazione della Legge Rognoni – La Torre ha fatto scaturire l’impegno della società civile e di tutti noi per garantire a voi giovani un futuro libero dalle mafie”, ha dichiarato Vito Lo Monaco, presidente emerito del centro Pio La Torre, ripercorrendo le tappe storiche che hanno portato al riconoscimento e alla condanna della mafia.
“Dobbiamo essere capaci di sviluppare dei modelli predittivi – ha poi concluso Savona – se siamo capaci di investire negli indicatori di rischio e darli a chi si occupa nei comuni, nelle regioni e a livello statale di monitorare i flussi di spesa, permetteremo di individuare e riconoscere i rischi criminali prima che il rischio si verifichi e questo, purtroppo, nel dibattito sul Pnrr si è fatto poco o non si è fatto”.
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