Il tribunale civile di Roma ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire i familiari di Davide Cervia, l’esperto di guerra elettronica rapito a Velletri, vicino alla capitale, nel settembre 1990, per “avere violato il loro diritto alla verità”. Lo rendono noto i legali della moglie e dei figli del tecnico, gli avvocati Alfredo Galasso e Licia D’Amico. Il risarcimento liquidato è stato pari a un euro, come richiesto simbolicamente da Marisa, Erika e Daniele Cervia.
“Il diritto alla verità, finalmente, viene riconosciuto esistente – affermano i legali in una nota – nel nostro ordinamento, ed è definito come il diritto ‘a chiedere e ad ottenere, dai soggetti che le detenevano, ogni notizia ed ogni informazione relativa al proprio congiunto, al fine della individuazione delle ragioni della sua scomparsa’.. Per i giudici del tribunale di Roma “le condotte del Ministero, provenienti in particolare da articolazioni della Marina Militare si appalesano lesive del diritto alla tempestiva, esatta e completa informazione di Davide Cervia, con riguardo al periodo in cui era arruolato nella Marina Militare Italiano, ai fini della ricerca delle ragioni della sua scomparsa”.
Per gli avvocati la decisione riconosce “dopo 28 anni di silenzi ed omissioni” che “Cervia era un esperto nella condotta e nella manutenzione di sofisticate apparecchiature per la guerra elettronica, con elevatissimo livello di formazione e preparazione specialistica, livello riservato ad un ristretto numero di militari. Dopo anni di insinuazioni ed accuse ridicole alla famiglia, questa sentenza riconosce finalmente che quanto prospettato dall’Avvocatura dello Stato, e cioè un ‘attività di asserito ostacolo alle indagini da parte degli attori, è rimasto privo di ogni riscontro probatorio. Rimane il rimpianto – concludono Galasso e D’Amico – che se le notizie occultate dalla Marina Militare fossero state tempestivamente comunicate, la vita di Cervia avrebbe potuto essere salvata”.(