In Sicilia, le imprese artigiane registrate al 31 dicembre 2012 superano abbondantemente le 80.000 unità, che rappresentano il 18% delle circa 464.000 imprese totali registrate. Nel 2012 queste imprese sono diminuite complessivamente dell’1,27%, per effetto di un saldo negativo tra nuove aperture e chiusure di oltre 1.000 unità.
L’incidenza del comparto artigianale sul totale del valore aggiunto è stato pari al 9,8%, con una distribuzione territoriale che varia dal 7,6% della provincia di Palermo al 14,2% di Enna. E’ evidente, quindi, che anche nella nostra Regione, sebbene in misura leggermente inferiore rispetto alla media nazionale, le imprese artigiane svolgano un ruolo fondamentale per l’intero sistema economico e che, per evitare che il comparto registri una nuova pesante contrazione, occorre rafforzare le iniziative a loro sostegno.
Tra queste, particolarmente utili sono le misure volte a migliorare le condizioni di accesso al credito, tenuto conto che il principale fattore che ostacola la competitività per le piccole imprese è la mancanza di risorse finanziarie e che i fenomeni di razionamento del credito, che hanno registrato un generale aumento negli ultimi anni, sono particolarmente gravi per le piccole imprese meridionali. D’altra parte, è presumibile che la minore mortalità delle imprese registrata dal comparto artigianale siciliano rispetto alla media nazionale, pur in presenza di condizioni economiche decisamente più sfavorevoli, sia frutto anche delle politiche di sostegno già adottate.
I dati sono stati forniti questa mattina dalla Cassa Regionale per il Credito alle Imprese Artigiane, la Crias, in occasione della VI Edizione delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, organizzate dalla Fondazione Curella, in collaborazione con Diste Consulting. All’incontro hanno partecipato oggi il presidente della Fondazione Curella, professore Pietro Busetta, il preside della Facoltà di Economia, professore Fabio Mazzola, il commissario straordinario della Crias Filippo Nasca e Alessandro Ferrara della Crias di Catania.
“Il settore dell’artigianato è molto dinamico – dice Fabio Mazzola – riguarda la creatività e siamo convinti che sia un settore sul quale poter investire, servono certamente strumenti finanziari innovativi perché le imprese, le piccole imprese, da sole non ce la possono fare, quindi devono essere aiutate e incentivate”.
Da sessant’anni la Crias costituisce un fondamentale strumento operativo della Regione Siciliana e dell’Assessorato delle Attività Produttive, in particolare, per l’attuazione delle politiche di sostegno allo sviluppo dell’artigianato, mediante la concessione di prestiti a tasso agevolato e di contributi a fondo perduto destinati a finanziare nuovi investimenti in laboratori, attrezzature e macchinari e per la costituzione di scorte di materie prime e semilavorati o a rispondere alle esigenze di cassa legate alla gestione ordinaria.
Negli ultimi anni, poi, grazie alla capacità dimostrata nella gestione delle risorse e delle funzioni attribuite e alle competenze acquisite dal personale nell’ambito del credito e della finanza agevolata, il campo d’azione è stato ampliato con i finanziamenti per la formazione di scorte a favore delle imprese agricole e con quelli destinati alle piccole e medie imprese di autotrasporto e finalizzati alla ristrutturazione e riqualificazione del trasporto di merci. In ultimo, sono state delegate all’Ente l’istruttoria, l’erogazione, i collaudi e i controlli di primo livello relativi alla concessione di contributi a favore delle imprese appartenenti alla filiera turistica previsti dall’art. 18 della L.R. 9/2009 in attuazione del PO FESR 2007/2013, linea di intervento 3.3.1.4. Anche in funzione delle nuove attività affidate all’Ente, per rafforzare la presenza sul territorio, sono stati aperti Uffici di rappresentanza in quasi tutte le province siciliane, peraltro con un aggravio di costi estremamente limitato.
“Dal 2008 abbiamo perso il 10% di Pil – afferma Pietro Busetta – e stiamo andando molto indietro, Crias che è braccio operativo della Regione in questi anni ha avuto un ruolo importante per il piccolo e medio credito alle imprese artigiane”.
Negli ultimi 3 anni (2010-2012) la Crias. ha erogato oltre 13.000 finanziamenti per quasi 375 milioni di euro. La media annua di finanziamenti erogati è di circa 4.500 per quasi 125 milioni di euro. Nei primi 10 mesi del 2013 i finanziamenti erogati sono stati 3.569 per un importo totale di € 97.538.957 così suddivisi: 1) esercizio artigianato, 2.617 finanziamenti per € 57.915.590; 2) medio termine artigianato, 257 finanziamenti per € 20.313.219; 3) scorte artigianato, 314 finanziamenti per € 9.289.365; 4) scorte agricoltura, 357 finanziamenti per € 9.431.683; 5) esercizio autotrasporti, 24 finanziamenti per € 589.100.
La distribuzione per Province, dei finanziamenti erogati dalla Crias. evidenzia che quella di Catania, laddove è storicamente localizzata la sede dell’ente, ha beneficiato di quasi il 25% dei finanziamenti totali, seguita da quella di Messina con il 20% e solo dopo da quella di Palermo con il 14%. Seguono la Provincia di Ragusa, con l’11%, che assorbe quasi la metà dei finanziamenti Scorte Agricoltura, quella di Trapani con l’8% e le altre per chiudere con la Provincia di Enna al 4%. E’ evidente che le imprese della Provincia di Palermo abbiano usufruito dei finanziamenti della Crias in quantità inferiore rispetto alle potenzialità, nonostante nel comune capoluogo sia localizzata ormai da diversi anni una sede operativa dell’Ente.
L’ammontare complessivo dei finanziamenti erogati dalla Crias nel triennio evidenzia un’efficiente gestione delle risorse disponibili, considerato che la consistenza media nello stesso triennio dei fondi di rotazione regionali gestiti dall’Ente è di poco superiore ai 400 milioni di euro e che oltre il 50% dello stock di crediti in portafoglio è a Medio Termine, con una durata media di 106 mesi.
Un aspetto significativo è lo stock totale dei crediti verso la clientela al 31 dicembre 2012, pari ad oltre 450 milioni di euro, considerato che la consistenza totale dei prestiti bancari alle piccole imprese siciliane alla stessa data non raggiungeva i 9 miliardi di euro (in sostanza, i crediti verso la clientela della Crias sono pari al 5% del totale dei crediti nei confronti delle piccole imprese siciliane erogati dall’insieme delle banche della nostra Regione).
“Particolarmente significativo – spiega Filippo Nasca, commissario straordinario Crias – è che la platea di beneficiari dei finanziamenti erogati dalla Crias è costituita da imprese siciliane di piccola o piccolissima dimensione che sono quelle che subiscono maggiormente il credit rationing. Infatti, ben il 71% dei finanziamenti erogati nel triennio 2010-2012 ha riguardato imprese individuali. Inoltre, quasi l’80% dei finanziamenti è andato ad imprese con un fatturato annuo inferiore a 200 mila euro e ben il 30% ha riguardato quelle con un fatturato inferiore a 50 mila euro. Si tratta di imprese che hanno grandi difficoltà ad accedere al credito nei canali tradizionali come le banche e le società finanziarie, anche in ragione delle modeste garanzie che sono in grado di offrire, e che in molti casi sarebbero costrette a rinunciare agli investimenti o a chiudere l’attività. Il ruolo di Crias – aggiunge Nasca – è stato fondamentale con finanziamenti a tassi bassissimi, ma Crias nasce per recitare un ruolo complementare cercando di venire incontro alle esigenze di chi per varie ragioni non riesce ad accedere al credito ordinario, di fatto Crias si è trovata a recitare invece un ruolo fondamentale per imprese di 1 fino a 9 dipendenti. Speriamo di poter entrare in un clima economico di ripresa, le banche devono tornare a dare fiducia alle imprese, Crias è una risposta ma non può essere l’unica”, sottolinea Nasca. “La Regione ci ha messo a disposizione tre milioni di euro – dice Nasca – l’obiettivo futuro è anche quello di dare una mano anche ai giovani artigiani. Del resto tra tutti i settori l’artigianato ancora resiste per le capacità manuali che sono insostituibili”.
Gli indicatori della qualità del credito per la Crias hanno subito un significativo peggioramento nel corso degli ultimi due esercizi in esame, presumibilmente per effetto della fase ciclica recessiva che ha colpito l’economia siciliana. Tuttavia, dal confronto con gli indici rilevati dalla Banca d’Italia emergono elementi di valutazione positivi. Infatti, mentre l’incidenza sui prestiti di tutti i crediti deteriorati (comprese le sofferenze) relativa alla totalità delle imprese siciliane è del 38,3% e quello specifico per le piccole imprese è pari al 44,6%, il rapporto tra incagli-sofferenze e totale dei crediti della Crias si attesta al 28,46%. Inoltre, il tasso di decadimento (rapporto tra i flussi di sofferenze manifestatisi nel corso dell’anno e gli impieghi vivi all’inizio dello stesso) registrato nell’esercizio in esame per la Crias, pari al 3,91%, è significativamente inferiore a quello rilevato dalla Banca d’Italia per la totalità delle imprese siciliane (4,4%) e soprattutto a quello rilevato per le piccole imprese (5,2%). Queste informazioni, incrociate con le considerazioni prima esposte in merito alla platea dei beneficiari dei finanziamenti erogati dalla Crias, (spesso piccole e piccolissime imprese che non riescono ad ottenere finanziamenti dai canali tradizionali), inducono a riflettere sui reali effetti, in termini di presumibili minori sofferenze, del progressivo irrigidimento delle condizioni per l’accesso al credito da parte degli operatori creditizi tradizionali.
Una ultima considerazione riguarda la natura di strumento anti-recessivo della Crias emersa negli ultimi anni col perdurare della negativa fase congiunturale che ha colpito l’intera economia isolana e col progressivo irrigidimento delle condizioni di accesso al credito presso i canali tradizionali. E’ stato già evidenziato, infatti, che la C.R.I.A.S. ha rappresentato spesso l’unica fonte di finanziamento per le piccole e piccolissime imprese siciliane che hanno potuto effettuare investimenti in attrezzature e macchinari, hanno potuto acquistare scorte di materie prime e semilavorati o hanno semplicemente potuto proseguire l’attività d’impresa grazie all’acquisizione della liquidità necessaria per fronteggiare i ritardi nei pagamenti della clientela pubblica e privata. Ovviamente, non è semplice stabilire quante di queste imprese, se non avessero potuto accedere ai finanziamenti della Crias, avrebbero contribuito a peggiorare ulteriormente i già pesanti indici di nati-mortalità prima rappresentati, non solo direttamente, ma anche attraverso i loro fornitori. Tuttavia, è più che probabile che molte famiglie avrebbero perso l’unica fonte di sostentamento, contribuendo in ultimo ad eventuale un’ulteriore contrazione dei consumi.
La Crias, più volte indicata quale Ente inutile e fonte di sprechi, ha sempre esercitato la sua importante funzione senza alcun costo per la Regione Siciliana. Le risorse finanziarie gestite dalla Crias per conto della Regione, infatti, rimangono di proprietà esclusiva della stessa Regione ed i costi per il mantenimento dell’intero ente (sede centrale di Catania, uffici decentrati di Palermo, Messina e Agrigento e sportelli informativi di Ragusa, Trapani, Enna e Caltanissetta), compresi quelli del personale e degli organi di amministrazione, vengono sostenuti con i ricavi realizzati dalla concessione dei finanziamenti (nel bilancio della Regione Siciliana non esistono stanziamenti in conto spese correnti per la Crias).
Lo scenario economico. Negli ultimi trenta-quarant’anni si è affermata sempre più, anche a livello europeo, la consapevolezza dell’importanza delle PMI, e delle Imprese Artigiane in particolare, nell’ambito dei sistemi produttivi ed è stato superato l’approccio che vedeva la piccola dimensione quale fase transitoria dei processi evolutivi aziendali. Alle PMI è stato finalmente riconosciuto il ruolo di fondamentale fattore di crescita economica, caratterizzato dalle intuizioni dei singoli, dalla capacità di essere flessibili e innovativi o di occupare spazi produttivi di nicchia, spesso ancorati a tradizioni storico-culturali che affondano le loro radici nei secoli precedenti.
Com’è noto, nel nostro Paese il contributo delle PMI alla produzione nazionale è particolarmente significativo. L’anomalia italiana consiste proprio in questo: dal Rapporto Unioncamere 2013 emerge infatti che mentre nella media europea le PMI contribuiscono per il 39% al fatturato totale delle imprese manifatturiere, essendo quasi il 61% appannaggio delle Grandi Imprese, in Italia il rapporto è esattamente invertito e oltre il 61% del fatturato è prodotto dalle PMI. Peraltro, dal confronto del fatturato in valori assoluti, si può osservare che il sistema delle PMI italiane è il più importante tra quelli europei, superando ampiamente anche quello tedesco. Inoltre, dal confronto della distribuzione degli addetti per classi dimensionali emerge l’Italia è il primo Paese europeo in termini di contributo all’occupazione regolare delle PMI e che circa ¼ degli addetti opera in micro imprese (1-9 addetti).
Dai dati rappresentati viene quindi confermato che l’ossatura del sistema produttivo nazionale, che ancora oggi fa rientrare il nostro Paese tra le prime 10 economie mondiali, è costituita in gran parte da realtà imprenditoriali di ridotte o ridottissime dimensioni, tra le quali il settore dell’artigianato gioca un ruolo di rilevanza primaria. Infatti, l’incidenza sul totale del valore aggiunto attribuibile alle imprese artigiane è pari al 12%, con una distribuzione territoriale che varia dal 6,1% della regione Lazio al 19% delle Marche. Inoltre, lo stock di imprese artigiane registrate in Italia al 31/12/2012 è costituito da quasi 1,5 milioni di unità, pari al 23,6% del totale delle imprese (oltre 6 milioni di unità).
Confrontando le variazioni degli stock di imprese totali e di quelle artigiane dal 2007 al 2012, si osserva che mentre le imprese artigiane sono diminuite complessivamente del 3,74%, registrando un saldo negativo tra nuove aperture e chiusure di quasi 56.000 unità, le altre imprese sono cresciute dello 0,56%. Ciò evidenzia che il comparto artigianale è quello che più ha risentito della grave recessione congiunturale che ha investito il nostro Paese negli ultimi anni.
Le ragioni di questo tracollo sono da attribuire certamente alla perdurante debolezza della domanda interna, specie quella all’interno dei circuiti di subfornitura. Infatti le imprese con una maggiore vocazione internazionale, generalmente riscontrabile nella grande e media impresa, hanno potuto beneficiare della crescita della domanda estera che ha permesso di compensare almeno in parte la flessione dei consumi e degli investimenti registrati nel mercato nazionale. Ma ci sono altri fattori che hanno pesato maggiormente sulle piccole imprese e sulle imprese artigiane in particolare. Dal Rapporto annuale 2013 dell’ISTAT emerge, infatti, che il principale fattore che ostacola la competitività per le piccole imprese è la mancanza di risorse finanziarie, seguita a breve distanza dalla scarsità/mancanza di domanda, poi dagli oneri amministrativi e burocratici e dal contesto socio ambientale, mentre risultano meno gravi la carenza di infrastrutture, la mancanza di risorse qualificate e la difficoltà di reperire personale o fornitori. D’altra parte, le difficoltà di accesso al credito, in uno con le deboli prospettive di domanda, hanno determinato un’ulteriore contrazione degli investimenti fissi lordi dell’8% nel solo 2012.
Per l’Istat, i fenomeni di razionamento del credito (credit rationing), definiti come i casi in cui l’impresa non ottiene il finanziamento richiesto, indipendentemente dal fatto che si sia trattato di un rifiuto da parte della banca o che l’impresa abbia rinunciato a fronte di condizioni troppo onerose, hanno registrato un generale aumento negli ultimi anni. Naturalmente il fenomeno presenta importanti differenze territoriali, settoriali e dimensionali. Infatti, il fenomeno è più grave per le imprese manifatturiere, rispetto a quelle di servizi, per le imprese meridionali e insulari, rispetto a quelle centro-settentrionali, per le piccole imprese, rispetto a quelle medie e grandi (la probabilità di non ottenere il finanziamento richiesto è mediamente doppia per le piccole imprese rispetto a quelle medie e grandi).
Dopo questa sintetica esposizione volta ad evidenziare l’importanza del contributo delle PMI, e delle imprese artigiane in particolare, per l’intero sistema economico nazionale, nonché ad individuare i principali fattori che hanno determinato una maggiore esposizione del comparto artigianale alle conseguenze della grave fase recessiva congiunturale che ha investito il nostro Paese, è opportuno analizzare per sommi capi le condizioni dell’economia della nostra Regione.
Dai dati della Banca d’Italia emerge che l’economia siciliana nel corso del 2012 è stata interessata da una la fase ciclica recessiva piuttosto grave ed il PIL è sceso del 2,7%. I settori più colpiti sono stati l’industria e l’edilizia, ma quasi tutti i settori hanno registrato risultati negativi. Inoltre, il perdurare dell’incertezza sulla prospettiva economica ed i crescenti fenomeni di razionamento del credito hanno portato a una nuova contrazione degli investimenti. Nell’industria sono diminuiti ulteriormente gli ordinativi, la produzione, il grado di utilizzo degli impianti, nonché per il quinto anno di fila la spesa per gli investimenti (-6,2% nel 2012, -8,4% nel 2011, -2,4% nel 2010, -6,1% nel 2009 e -8,5% nel 2008). Nel settore delle costruzioni è proseguita la dinamica negativa, con nuovi cali dell’attività produttiva e dell’occupazione (-10% nel 2012, -7,1% nel 2011). Il settore commerciale ha subito un calo in conseguenza della diminuzione del reddito reale disponibile delle famiglie e delle incerte prospettive del mercato del lavoro e la spesa per i beni durevoli si è ridotta del 13,7%. L’occupazione è diminuita per il sesto anno consecutivo (-2,7%), la contrazione ha riguardato tutti i settori economici e ha interessato maggiormente la componente maschile. Il tasso di disoccupazione è aumentato in misura significativa, attestandosi al 18,6%, decisamente al di sopra delle medie nazionale (10,7%) e meridionale (17,2%). Segnali positivi presentano invece il turismo (gli arrivi dei turisti in Sicilia sono aumentati del 2,8%, trainati da quelli degli stranieri), la produzione agricola, che nel 2012 è cresciuta per quasi tutti i prodotti (cereali +4,1%, ortaggi +4,8%, legumi e piante da tubero +3%, agrumi -8,3%, olive +11,6% e uva +34,6%, vino +48,4%) e le esportazioni della regione, che sono aumentate del 21,2%, trainate da quelle relative ai prodotti petroliferi (+26,1%), che incidono per circa tre quarti del totale. L’export di prodotti non petroliferi è comunque aumentato dell’8,5%, più che nella media nazionale.
Per quanto attiene al mercato del credito, si evidenzia che nel 2012 i prestiti bancari, già in rallentamento dal secondo semestre del 2011, si sono ridotti dello 0,8%, nonostante il volume complessivo dei depositi bancari di famiglie e imprese siciliane sia aumentato del 4,2%. Il calo è stato determinato sia dalla debolezza della domanda, sia dalla rigidità delle condizioni di offerta ed ha riguardato sia le famiglie consumatrici, sia le imprese. In particolare, i prestiti alle famiglie si sono contratti dello 0,4% e i finanziamenti alle imprese si sono ridotti dell’1,2%. La qualità del credito ha registrato ulteriori segnali di peggioramento: il tasso di decadimento complessivo (rapporto tra i flussi di sofferenze manifestatisi nel corso del 2012 e gli impieghi vivi all’inizio dell’anno) è passato dal 2,6% al 3,2%, e quello specifico per le imprese è passato dal 3,5% al 4,4%. L’incidenza sui prestiti delle posizioni incagliate o ristrutturate è aumentata, passando dal 6,8% all’8,9%, e quella specifica per le imprese è passata dall’8,7% all’11,4%. L’incidenza sui prestiti di tutti i crediti deteriorati (comprese le sofferenze) è aumentata dal 26,5% al 30,8%, e quella specifica per le imprese è passata dal 32,7% al 38,3%.