Diciamolo, una volta tanto, senza imbarazzo. Noi che siamo così bravi a piangerci addosso, e che diamo esempi quotidiani al mondo di sprechi, ruberie, furbizie malevole. A Taormina c’è stato il G7, questo fine settimana. E’ andato maluccio un po’ per tutti. Per la Sicilia, e per i siciliani, però, è stato un successo. E insomma, la stampa mondiale, per una volta, si è accorta della nostra isola e ha raccontato, nella noia di un vertice che non aveva cosa raccontare (dato che i grandi della terra non hanno accordo praticamente sul nulla, dal terrorismo all’ambiente), la bellezza incantevole del nostro paesaggio.
Si, è vero, Taormina ha subito dei disagi, ma sono durati poco, e in cambio adesso si ritrova con due eliporti (buttali via), un teatro e un palazzo dei congressi perfettamente funzionanti, strade completamente rifatte. Sta adesso alla comunità non perdere questa eredità e cercare di valorizzarla al meglio, ad esempio approfittando della formidabile pubblicità del G7 per promuovere Taormina e la Sicilia Orientale come meta ideale per il turismo congressuale.
La Sicilia ha vinto. Anche a Giardini Naxos, dove si teneva il corteo dei cosiddetti “antagonisti”, e dove i più tragici già preventivavano scenari apocalittici, di devastazione urbana, assalto ai negozi, scontri con la polizia. Non è successo nulla. Non c’è stata rabbia, solo una manifestazione partecipata, allegra e composta. Come le cose di Sicilia sanno essere, appunto. Noi che trasformiamo la tragedia in farsa, e la farsa in lutto, depotenziamo le occasioni deflagranti, e scoppiamo d’ira, come il mare, nei momenti meno aspettati.
Taormina, il suo teatro, la costa, il mare, hanno fatto passare in secondo piano un po’ tutto: i mugugni di Frau Merkel, la cafoneria di Mister Trump, ad esempio, come il fatto che il padrone di casa, signor Gentiloni, è il capo provvisorio di un governo che a fine anno non ci arriva in un Paese che non sa come trovare una sua stabilità. E vorrebbe andare al voto, il Paese, ma non sa neanche con quale legge elettorale.
E dire che il tempo non è stato bellissimo. C’era un po’ di vento, qualche nube. Nervoso era il cielo come i grandi della Terra che sotto il suo sguardo giocavano a non farsi troppo male. Ma era comunque un cielo incredibile, perché non era il cielo di Genova, quello del Luglio del 2001, che fu un delirio di disorganizzazione, violenza di Stato, e cialtroneria istituzionale e che costò la vita a Carlo Giuliani. Il giorno in cui è stato ucciso, il 20 Luglio del 2001, Carlo non di doveva trovare in quella manifestazione. Voleva andare al mare. Solo che aveva sentito del grande corteo di protesta che era previsto nel pomeriggio, e aveva deciso di partecipare. E’ morto con il desiderio del mare negli occhi.
E chissà come sarebbe piaciuto, a Carlo, il mare di Sicilia.