Una mafia “fluida” capace di “insinuarsi in ogni spazio lasciato libero dallo Stato e dall’etica”, che “scivola individuando le strategie per controllare ogni segmento del nostro territorio, come è avvenuto in certe zone di Palermo durante il Covid, allorché intercettando bisogni primari, sono stati loro, i mafiosi, a distribuire pacchi di generi alimentari dove gli aiuti pubblici tardavano ad arrivare”. A tracciare l’identikit di Cosa nostra è Lia Sava, procuratore generale di Palermo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del capoluogo siciliano. “Risulta dalle indagini che in tutto il distretto le famiglie mafiose tentano di imporre le proprie decisioni per la risoluzione delle problematiche più varie – spiega Sava -, dai litigi familiari alle occupazioni abusive di case popolari, alle intercessioni per intraprendere attività economiche, ai rapporti di vicinato, alle modalità e tempi di pagamento di debiti insoluti e provvedono al recupero di oggetti di furti, frequentemente commissionati dagli stessi sodali e sono sconcertanti gli episodi di compravendita di voti in occasione di competizioni elettorali”.
Trapani: putrida interlocuzione tra i mafiosi e gli amministratori locali
Cosa Nostra è “vitale” nell’Agrigentino, dove “si muove anche con omicidi e attraverso ingente disponibilità di armi”. E’ “vigorosa” nella provincia di Trapani, dove “le indagini evidenziano l’inquietante riservata e putrida interlocuzione, al di là della rilevanza penale, fra esponenti mafiosi e amministratori locali. Un territorio melmoso nel quale rischia di sprofondare la speranza dei tanti cittadini onesti”. E’ il duro atto d’accusa di Lia Sava, procuratore generale di Palermo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del capoluogo siciliano. “Il prossimo mese di marzo – ricorda – è prevista la sentenza di appello in un processo per violenza privata aggravata dal metodo mafioso, in cui la vittima è stata costretta a chiudere il suo bar e a lasciare la città di Castellamare del Golfo, con reiterate minacce consistite nell’affissione di un cartello con la scritta ‘Chiuso per lutto’ e nel recapitargli una ghirlanda di fiori. La vittima non ha mai presentato querela ed il reato è stato accertato grazie all’attività di intercettazione sul capo del mandamento di Alcamo”.
“Proprio la cattura di Matteo Messina Denaro – avverte Sava – dimostra che Cosa Nostra esiste ancora e, superata la frattura fra corleonesi e perdenti, prosegue nei suoi traffici attraverso la strategia della sommersione che ha consentito al latitante più ricercato dell’organizzazione di farsi curare in una clinica di Palermo per un lungo periodo, come negli anni ottanta, allorché le reti di protezione e l’omertà, ben miscelate, consentivano ad altri mafiosi latitanti di girare indisturbati per le vie della città”.
La mafia controlla capillarmente il territorio
“Sono trascorsi trenta anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio e sono stati raggiunti risultati straordinari nel contrasto alla sfida lanciata alle Istituzioni democratiche da Totò Riina, come dimostra la cattura di Matteo Messina Denaro, della quale occorre rendere onore e merito alla Dda di Palermo e alle forze dell’ordine che l’hanno consentita”. E’ un altro passaggio dell’intervento di Lia Sava, procuratore generale di Palermo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nel capoluogo siciliano.
“E’ stata clonata l’espressione: ‘Camaleonte resiliente’, una mafia che sa mimetizzarsi. Preferisco un’altra espressione: mafia liquida, capace di passare attraverso i differenti stati della fisica” dice ancora Lia Sava. “A volte è allo stato gassoso e la respiriamo in certi contesti ambigui, dove è difficile toccarla ma se ne avverte l’olezzo della compiacenza e dell’ammiccamento – spiega -. A volte è solida, fredda come il ghiaccio, taglia e ferisce, perché al bisogno è capace di uccidere ancora”. Per Sava, però, “nel suo stato naturale è fluida, si insinua in ogni spazio lasciato libero dallo Stato e dall’etica ed abbiamo motivo di ritenere che questo spazio abbia dimensioni significative, nonostante i nostri immani sforzi e quelli delle forze dell’ordine. Cosa Nostra controlla il territorio capillarmente – conclude il procuratore generale – e ne è dimostrazione il pagamento del pizzo, ancora troppo esteso, a volte divenuto ‘un costo di impresa’ ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezioni, prassi sconfortante che ha una precisa definizione, dobbiamo dirlo con assoluta chiarezza: si chiama connivenza”.
Lia Sava: la mafia a caccia dei fondi del Pnrr
“Cosa Nostra in tutto il distretto sfrutta abilmente i subappalti per la realizzazione dei suoi obiettivi. La semplificazione di certi meccanismi del sistema degli appalti ci è richiesta dall’Europa, ma dobbiamo fare i conti, e dirlo ancora una volta con estrema franchezza, con le nostre peculiarità criminali. Auspichiamo tutti una economia forte che veleggi verso i mercati mondiali, ma vogliamo che sia una economia veramente libera, che non debba pagare tributi al crimine organizzato”. aggiunge Lia Sava.
“Per contrastare efficacemente fenomeni corruttivi occorrono anche le intercettazioni, strumento che non va spuntato ma che impone, ne siamo assolutamente consapevoli, il rigorosissimo rispetto delle regole codicistiche, senza perniciose fughe di notizie, così scongiurando in radice ogni oscena invasività nella sfera di terzi estranei al reato – dice Lia Sava – Con le allettanti risorse del Pnrr, ci sarà un’espansione delle attività di Cosa Nostra indirizzate al fine di lucro per aggiudicarsi ricchezza ingente, attraverso il riciclaggio e l’acquisizione di aziende, con l’obiettivo di realizzare posizioni monopolistiche in settori commerciali nevralgici, sfruttando fetide e ben collaudate relazioni con settori corrotti della Pubblica Amministrazione”.
Ha sottolineato come “non è facile ricostruire reati contro la pubblica amministrazione ed, invero, da un monitoraggio del mio ufficio si rileva che, nell’anno trascorso, nel distretto, la maggior percentuale di sentenze di condanna in primo grado ha riguardato reati di competenza del giudice monocratico, a fronte di una percentuale inferiore all’uno per cento di sentenze di condanna per reati contro la pubblica amministrazione”.